La guida di Francesco

Francesco
La guida di Francesco

Visite turistiche

Il nome della cittadina di Cefalù deriva dal greco KEFALOIDION o KEPHALOIDIOS, il cui significato è legato alla forma caratteristica della Rocca che la sovrasta assomigliante, appunto, ad una piccola testa. Sembra che Cefalù abbia origini molto antiche e che sia stata fondata nel V secolo a. C. dai Greci. Non ci sono notizie precise riguardo le origini di Cefalù ma si ritiene che la città sia stata fondata dai Greci o dai Punici nel V secolo a. C. e che fu conquistata dai Romani nel 254 a.C. entrando a far parte, così, della provincia sicula. Durante il Medioevo (858 d. C.), Cefalù, fu conquistata dagli Arabi e fece parte dell’emirato arabo sino a quando non venne liberata dai Normanni. La città venne riedificata ad opera di Ruggero II nel 1131. Durante il Risorgimento la storia di Cefalù si lega alle vicende della Sicilia e poi dell’Italia nella lotta contro i Borboni. Il duomo della città inserito nel sito Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale nel 2015 è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Cosa visitare a Cefalù Il Duomo La Cattedrale di Cefalù è uno dei più importanti monumenti della Sicilia normanna eretta per volere di Ruggero I tra il 1131 e il 1240 come atto di ringraziamento a Dio dopo essere sopravvissuto ad un naufragio. Nella Cattedrale l’architettura e l'arte araba, quella bizantina e la cultura latina e nordica si fondono armoniosamente in una mirabile sintesi di stili. La caratteristica dominante della cattedrale sono le due maestose torri merlate. Ogni torre è differente: una ha una pianta quadrata, circondata da fiamme a forma di merli, quest'ultimi simboleggiano l'autorità papale e la mitra, l'altra è a pianta ottagonale e merli ghibellini, che simboleggiano il potere temporale. La facciata presenta un magnifico portico con tre arcate sostenute da quattro colonne e un imponente portale in marmo riccamente decorato, risalente al XV secolo. La merlatura sul lato sud e la presenza di numerosi cunicoli contribuisce a dare all'edificio l'aspetto di una fortezza. L'interno della cattedrale di Cefalù ha una pianta a croce latina. La navata centrale è divisa da archi sostenuti da colonne di marmo, mentre il soffitto in legno, con travi dipinte, ha una evidente influenza islamica. Sembra che l'intera chiesa dovesse essere decorata a mosaico, ma alla fine fu completata solo la zona del presbiterio. Per la realizzazione dei mosaici, Ruggero I si servì di maestri nella tecnica del mosaico provenienti da Costantinopoli, i quali hanno saputo adattare la tradizionale arte decorativa bizantina a una struttura architettonica che era di origine nord europea. La figura dominante del sistema decorativo è il busto del Cristo Pantocratore, raffigurato con una mano alzata in benedizione sulla semi-cupola dell'abside. Nella mano sinistra porta il Vangelo di Giovanni, in cui può essere letto, in greco e latino: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita" (Giovanni , 8:12). La decorazione musiva, che comprende anche altre figure, è considerato il più bel mosaico bizantino in Italia. Il Chiostro Accanto alla Cattedrale si trova il suggestivo chiostro di Cefalù costituito da quattro gallerie di doppie colonne esili sormontate da capitelli decorati con figure bibliche e scene mitologiche. Osterio Magno ll palazzo è stato la dimora favorita di Ruggero II prima di diventare quella dei Ventimiglia, famiglia feudale che governava l'intera area delle Madonie. Nell'architettura si riconoscono due stili: la facciata in pietra lavica dorata, con le due eleganti bifore bicolore, risale alla fine del Duecento, mentre la torre quadrata risale al Trecento. La sua finestra traforata, sormontata da un magnifico arco, è un chiaro esempio di stile siciliano chiaramontano. L'Osterio, oggi completamente restaurato, è utilizzato per mostre e conferenze. La Rocca Conosciuta dai Fenici come promontorio Ercole, la Rocca di Cefalù è una spettacolare rupe calcarea con un'altitudine di 270m. Un mito greco racconta il triste amore del bellissimo pastorello Dafni, l'Orfeo siciliano. Accecato da una infuriata Giunone per averne tradito la figlia Echenaide, venne trasformato da un pietoso dio Mercurio nell'imponente rocca che domina Cefalù e dalla cui forma la città prese il nome. Gli antichi abitanti scorsero in essa infatti le sembianze di una testa gigantesca, e capo è appunto il significato della radice Kef da cui il nome della città deriva. Il Castello In cima alla Rocca si trovano i resti del Castello di Cefalù che risale al XIII- XIV secolo e fu costruito a pianta rettangolare di 35 m. x 20 m. In base ai resti gli archeologi hanno ipotizzato che originariamente esso fosse costituito da due torri e dodici camere. Il castello domina i dintorni di Cefalù a dimostrazione dell’importanza strategica che ha ricoperto in passato. Tempio di Diana Vicino alle rovine della fortezza, in cima alla rocca di Cefalù, vi sono i resti del cosiddetto Tempio di Diana, un edificio megalitico risalente al IX secolo aC. Pare che in origine avesse una funzione sacra collegata al culto locale dell'acqua, infatti all’interno del tempio vi è una cisterna, anch’essa risalente al IX secolo a.C. Vista la posizione strategica, l'edificio probabilmente ha avuto un ruolo difensivo. Mura Megalitiche La più notevole testimonianza dell’antica Kephaloidon (Cefalù) è costituita dalle mura di fortificazione, cosiddette “megalitiche”, costruite con la tecnica della pietra a secco con enormi blocchi di tre metri di spessore. Le mura, ancora oggi molto ben conservate, in particolare sul lato nord, racchiudevano tutta la città conferendole l'aspetto di una fortezza inespugnabile. Almeno fino al ‘600, lungo le mura si aprivano quattro porte: due verso sud, “Porta terra” in piazza Garibaldi, e "Porta Ossuna" in Piazza Cristoforo Colombo; una sul mare verso ovest, “Porta marina o pescara”, l’unica rimasta intatta, e l’altra verso est “Porta giudecca”, presso la chiesa di S.Antonio. Porta Pescara La meravigliosa Porta Marina di Cefalù con il suo arco gotico è l'unica porta rimasta delle quattro che una volta garantivano l'accesso alla città. La porta si affaccia sul colorato quartiere dei pescatori , dove sono state girate le scene del famoso film "Cinema Paradiso". Il Bastione Il Bastione Marchiafava è una splendida terrazza sul mare di Cefalù dalla quale, nelle giornate limpide, sono chiaramente visibili le isole Eolie e un ampio tratto della costa orientale. Il Lavatoio medievale Il Lavatoio medievale si trova alla foce del Cefalino, piccolo fiume che nasce dalle montagne che circondano Cefalù a 1000 m di altitudine e che, dopo un lungo percorso sotterraneo anche sotto le abitazioni del paese, proprio in questo punto getta le sue acque in quelle del mare. Una elegante scalinata di pietra lavica conduce alle vasche scavate nella roccia viva, che si colmano con le acque che scorrono da ventidue bocche di ghisa, tra di cui quindici teste leonine, disposte lungo le pareti. Al lavatoio fino a pochi decenni fa le donne cefaludesi si inginocchiavano agli appositi appoggi per strofinare i loro panni. Museo Mandralisca Fondato nel XIX secolo da Enrico Piraino, barone di Mandralisca, questo museo conserva beni archeologi, conchiglie e una collezione di monete. Il museo ospita anche una galleria d'arte e una biblioteca con oltre 9.000 opere storiche e scientifiche, tra cui incunaboli, libri e carte nautiche. Tra i dipinti più importanti vi sono: il "Ritratto d'uomo" di Antonello da Messina, “Vista su Cefalù” di Francesco Bevilacqua, “Cristo nel giorno del giudizio” di Johannes de Matta, e una serie di immagini al secondo piano.
401 現地メンバーのおすすめ
Cefalù
401 現地メンバーのおすすめ
Il nome della cittadina di Cefalù deriva dal greco KEFALOIDION o KEPHALOIDIOS, il cui significato è legato alla forma caratteristica della Rocca che la sovrasta assomigliante, appunto, ad una piccola testa. Sembra che Cefalù abbia origini molto antiche e che sia stata fondata nel V secolo a. C. dai Greci. Non ci sono notizie precise riguardo le origini di Cefalù ma si ritiene che la città sia stata fondata dai Greci o dai Punici nel V secolo a. C. e che fu conquistata dai Romani nel 254 a.C. entrando a far parte, così, della provincia sicula. Durante il Medioevo (858 d. C.), Cefalù, fu conquistata dagli Arabi e fece parte dell’emirato arabo sino a quando non venne liberata dai Normanni. La città venne riedificata ad opera di Ruggero II nel 1131. Durante il Risorgimento la storia di Cefalù si lega alle vicende della Sicilia e poi dell’Italia nella lotta contro i Borboni. Il duomo della città inserito nel sito Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale nel 2015 è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Cosa visitare a Cefalù Il Duomo La Cattedrale di Cefalù è uno dei più importanti monumenti della Sicilia normanna eretta per volere di Ruggero I tra il 1131 e il 1240 come atto di ringraziamento a Dio dopo essere sopravvissuto ad un naufragio. Nella Cattedrale l’architettura e l'arte araba, quella bizantina e la cultura latina e nordica si fondono armoniosamente in una mirabile sintesi di stili. La caratteristica dominante della cattedrale sono le due maestose torri merlate. Ogni torre è differente: una ha una pianta quadrata, circondata da fiamme a forma di merli, quest'ultimi simboleggiano l'autorità papale e la mitra, l'altra è a pianta ottagonale e merli ghibellini, che simboleggiano il potere temporale. La facciata presenta un magnifico portico con tre arcate sostenute da quattro colonne e un imponente portale in marmo riccamente decorato, risalente al XV secolo. La merlatura sul lato sud e la presenza di numerosi cunicoli contribuisce a dare all'edificio l'aspetto di una fortezza. L'interno della cattedrale di Cefalù ha una pianta a croce latina. La navata centrale è divisa da archi sostenuti da colonne di marmo, mentre il soffitto in legno, con travi dipinte, ha una evidente influenza islamica. Sembra che l'intera chiesa dovesse essere decorata a mosaico, ma alla fine fu completata solo la zona del presbiterio. Per la realizzazione dei mosaici, Ruggero I si servì di maestri nella tecnica del mosaico provenienti da Costantinopoli, i quali hanno saputo adattare la tradizionale arte decorativa bizantina a una struttura architettonica che era di origine nord europea. La figura dominante del sistema decorativo è il busto del Cristo Pantocratore, raffigurato con una mano alzata in benedizione sulla semi-cupola dell'abside. Nella mano sinistra porta il Vangelo di Giovanni, in cui può essere letto, in greco e latino: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita" (Giovanni , 8:12). La decorazione musiva, che comprende anche altre figure, è considerato il più bel mosaico bizantino in Italia. Il Chiostro Accanto alla Cattedrale si trova il suggestivo chiostro di Cefalù costituito da quattro gallerie di doppie colonne esili sormontate da capitelli decorati con figure bibliche e scene mitologiche. Osterio Magno ll palazzo è stato la dimora favorita di Ruggero II prima di diventare quella dei Ventimiglia, famiglia feudale che governava l'intera area delle Madonie. Nell'architettura si riconoscono due stili: la facciata in pietra lavica dorata, con le due eleganti bifore bicolore, risale alla fine del Duecento, mentre la torre quadrata risale al Trecento. La sua finestra traforata, sormontata da un magnifico arco, è un chiaro esempio di stile siciliano chiaramontano. L'Osterio, oggi completamente restaurato, è utilizzato per mostre e conferenze. La Rocca Conosciuta dai Fenici come promontorio Ercole, la Rocca di Cefalù è una spettacolare rupe calcarea con un'altitudine di 270m. Un mito greco racconta il triste amore del bellissimo pastorello Dafni, l'Orfeo siciliano. Accecato da una infuriata Giunone per averne tradito la figlia Echenaide, venne trasformato da un pietoso dio Mercurio nell'imponente rocca che domina Cefalù e dalla cui forma la città prese il nome. Gli antichi abitanti scorsero in essa infatti le sembianze di una testa gigantesca, e capo è appunto il significato della radice Kef da cui il nome della città deriva. Il Castello In cima alla Rocca si trovano i resti del Castello di Cefalù che risale al XIII- XIV secolo e fu costruito a pianta rettangolare di 35 m. x 20 m. In base ai resti gli archeologi hanno ipotizzato che originariamente esso fosse costituito da due torri e dodici camere. Il castello domina i dintorni di Cefalù a dimostrazione dell’importanza strategica che ha ricoperto in passato. Tempio di Diana Vicino alle rovine della fortezza, in cima alla rocca di Cefalù, vi sono i resti del cosiddetto Tempio di Diana, un edificio megalitico risalente al IX secolo aC. Pare che in origine avesse una funzione sacra collegata al culto locale dell'acqua, infatti all’interno del tempio vi è una cisterna, anch’essa risalente al IX secolo a.C. Vista la posizione strategica, l'edificio probabilmente ha avuto un ruolo difensivo. Mura Megalitiche La più notevole testimonianza dell’antica Kephaloidon (Cefalù) è costituita dalle mura di fortificazione, cosiddette “megalitiche”, costruite con la tecnica della pietra a secco con enormi blocchi di tre metri di spessore. Le mura, ancora oggi molto ben conservate, in particolare sul lato nord, racchiudevano tutta la città conferendole l'aspetto di una fortezza inespugnabile. Almeno fino al ‘600, lungo le mura si aprivano quattro porte: due verso sud, “Porta terra” in piazza Garibaldi, e "Porta Ossuna" in Piazza Cristoforo Colombo; una sul mare verso ovest, “Porta marina o pescara”, l’unica rimasta intatta, e l’altra verso est “Porta giudecca”, presso la chiesa di S.Antonio. Porta Pescara La meravigliosa Porta Marina di Cefalù con il suo arco gotico è l'unica porta rimasta delle quattro che una volta garantivano l'accesso alla città. La porta si affaccia sul colorato quartiere dei pescatori , dove sono state girate le scene del famoso film "Cinema Paradiso". Il Bastione Il Bastione Marchiafava è una splendida terrazza sul mare di Cefalù dalla quale, nelle giornate limpide, sono chiaramente visibili le isole Eolie e un ampio tratto della costa orientale. Il Lavatoio medievale Il Lavatoio medievale si trova alla foce del Cefalino, piccolo fiume che nasce dalle montagne che circondano Cefalù a 1000 m di altitudine e che, dopo un lungo percorso sotterraneo anche sotto le abitazioni del paese, proprio in questo punto getta le sue acque in quelle del mare. Una elegante scalinata di pietra lavica conduce alle vasche scavate nella roccia viva, che si colmano con le acque che scorrono da ventidue bocche di ghisa, tra di cui quindici teste leonine, disposte lungo le pareti. Al lavatoio fino a pochi decenni fa le donne cefaludesi si inginocchiavano agli appositi appoggi per strofinare i loro panni. Museo Mandralisca Fondato nel XIX secolo da Enrico Piraino, barone di Mandralisca, questo museo conserva beni archeologi, conchiglie e una collezione di monete. Il museo ospita anche una galleria d'arte e una biblioteca con oltre 9.000 opere storiche e scientifiche, tra cui incunaboli, libri e carte nautiche. Tra i dipinti più importanti vi sono: il "Ritratto d'uomo" di Antonello da Messina, “Vista su Cefalù” di Francesco Bevilacqua, “Cristo nel giorno del giudizio” di Johannes de Matta, e una serie di immagini al secondo piano.
Notevole è il patrimonio naturalistico, storico e artistico. In un contesto caratterizzato da aspre montagne che si affacciano sul mare di Sicilia, sono ancora evidenti i segni dell'uomo, testimonianze di una presenza millenaria (Preistoria) che in alcuni casi si tramanda in attività attuali. Il territorio è segnato da numerosi edifici religiosi, monasteri, eremi e chiese rupestri, spesso suggestivamente isolate in alto sulle montagne. Dimenticati lungo le vie d'acqua i mulini, le vecchie masserie spesso costruite sui resti di più antichi casali romani, testimoniano la capacità di una cultura capace di vivere in simbiosi con la natura. Nelle Madonie si trovano le più antiche rocce di Sicilia, formatesi durante il Triassico. Lo documentano i numerosissimi fossili di lamellibranchi, alghe e spugne che si rinvengono nelle zone calcaree della catena montuosa. Le vette più alte e spettacolari della catena sono, Pizzo Carbonara (1979 m.), Monte San Salvatore (1912 m.), Monte Ferro (1906 m.) Monte Ouacella (1869 m.), Monte dei Cervi (1656 m.). Pur facendo parte dello stesso complesso presentano ognuna un aspetto diverso. Ora tondeggianti o aguzze, ora coperte di vegetazioni o spoglie, punteggiano maestosamente il territorio disegnando, valli, pianori, altipiani, dirupi e dorsi dolcemente ondulati. Nelle madonie che occupano appena il 2% della superficie dell'isola, sono presenti oltre la metà delle specie vegetali siciliani tra le quali parecchie endemiche. L'area madonita con le sue caratteristiche geomorfologiche-climatiche, consente l'identificazione di tre zone distinte: la fascia costiera del versante settentrionale, protetta dai venti africani in cui si trovano i più fitti boschi, gli uliveti secolari, i sughereti, i castagneti, i frassini da manna, i querceti a roverella e nuclei da agrifoglio di Piano Pomo. La vasta catena montuosa conserva invece il manto boschivo di leccio e faggio e presenta numerosissime specie endemiche tra le quali L'Abies Nebrodensis, relitto di antiche glaciazioni. Il versante meridionale assolato e spoglio o verdeggiante e mite nel susseguirsi mutevole delle stagioni è "L'aspetto della vera Sicilia; ma è anche un dolce susseguirsi di dorsi montani e collinosi tutti coltivati a frumento e ad orzo". La Fauna E' materialmente impossibile stilare un elenco esauriente di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, invertebrati che popolano questo territorio. Alcuni dati possono, in qualche modo, rendere un'idea dell'entità - in termini di quantità e qualità - di questo patrimonio. Le Madonie, da sole, ospitano tutte le specie di mammiferi presenti in Sicilia, il 70% circa degli uccelli che vi nidificano e il 60% circa degli invertebrati dell'isola. Tra queste specie, molti gli endemismi, le specie rare e quelle protette. Passeggiando trai boschi incontaminati , potrete ammirare: cinghiali, daini, lepri italiche, ricci europei occidentali, volpi rosse, e farfalle. La Flora Inoltrandosi dalle diverse possibili vie di accesso nell'area del Parco delle Madonie sino a raggiungere la sua parte centrale, si possono cogliere aspetti paesaggistici legati alla vegetazione presente, ricchi e diversificati, considerate anche l'estensione e l'articolazione orografica del territorio, che comprende quote che vanno da pochi metri sul livello del mare sino a 2000 metri circa. Crocevia di botanici e studiosi il Parco delle Madonie è la culla di una varietà vegetale unica al mondo. Quel tratto distintivo che rimane un aspetto che più di altri differenzia il territorio di questa catena che racchiude un areale ritenuto un vero e proprio "giardino botanico al centro del bacino del Mediterraneo". Tra le tante specie arborre spicca L’Abies nebrodensis considerata una specie in pericolo critico di estinzione ed è stata inserita nella lista delle 50 specie botaniche più minacciate dell’area mediterranea. Geologia e Paesaggio Dal punto di vista geologico il sistema montuoso delle Madonie può sostanzialmente essere distinto in tre grandi raggruppamenti principali - formati da rocce calcaree o silicee - molto simili ma in raltà differenti tra di essi per età litologica, origine e struttura: quello carbonatico Panormide costituito da grigio, durissimo calcare corallifero, presente nell'area centrale di Pizzo Carbonara; quello delle formazioni eminentemente carbonatiche del complesso basale che formano i rilievi occidentali culminanti nel Monte dei Cervi (1794 m); quello dei depositi siliceo-argillosi che interessano principalmente il versante nord-orientale. Geoparco delle Madonie – Patrimonio Unesco Il Geoparco delle Madonie UNESCO Global Geopark si trova in Sicilia, nel cuore del Mediterraneo, tra i più bei paesaggi di particolare interesse sia dal punto di vista geologico e geomorfologico, sia dal punto di vista didattico. Nel corso del tempo non c'è stata nessuna guida alla Sicilia o all'Italia che non abbia dedicato decine di pagine alle Madonie. Rappresenta quasi tutti gli aspetti della geologia siciliana, ha una storia molto complessa iniziata oltre 220 milioni di anni fa, ed è composta principalmente da calcare dolomitico che evoca mondi sconosciuti e scomparsi. Interessanti morfologie carsiche, sia in superficie che nel sottosuolo, si sono sviluppate più recentemente, 23,5 milioni di anni fa.
95 現地メンバーのおすすめ
マドーニエ公園
95 現地メンバーのおすすめ
Notevole è il patrimonio naturalistico, storico e artistico. In un contesto caratterizzato da aspre montagne che si affacciano sul mare di Sicilia, sono ancora evidenti i segni dell'uomo, testimonianze di una presenza millenaria (Preistoria) che in alcuni casi si tramanda in attività attuali. Il territorio è segnato da numerosi edifici religiosi, monasteri, eremi e chiese rupestri, spesso suggestivamente isolate in alto sulle montagne. Dimenticati lungo le vie d'acqua i mulini, le vecchie masserie spesso costruite sui resti di più antichi casali romani, testimoniano la capacità di una cultura capace di vivere in simbiosi con la natura. Nelle Madonie si trovano le più antiche rocce di Sicilia, formatesi durante il Triassico. Lo documentano i numerosissimi fossili di lamellibranchi, alghe e spugne che si rinvengono nelle zone calcaree della catena montuosa. Le vette più alte e spettacolari della catena sono, Pizzo Carbonara (1979 m.), Monte San Salvatore (1912 m.), Monte Ferro (1906 m.) Monte Ouacella (1869 m.), Monte dei Cervi (1656 m.). Pur facendo parte dello stesso complesso presentano ognuna un aspetto diverso. Ora tondeggianti o aguzze, ora coperte di vegetazioni o spoglie, punteggiano maestosamente il territorio disegnando, valli, pianori, altipiani, dirupi e dorsi dolcemente ondulati. Nelle madonie che occupano appena il 2% della superficie dell'isola, sono presenti oltre la metà delle specie vegetali siciliani tra le quali parecchie endemiche. L'area madonita con le sue caratteristiche geomorfologiche-climatiche, consente l'identificazione di tre zone distinte: la fascia costiera del versante settentrionale, protetta dai venti africani in cui si trovano i più fitti boschi, gli uliveti secolari, i sughereti, i castagneti, i frassini da manna, i querceti a roverella e nuclei da agrifoglio di Piano Pomo. La vasta catena montuosa conserva invece il manto boschivo di leccio e faggio e presenta numerosissime specie endemiche tra le quali L'Abies Nebrodensis, relitto di antiche glaciazioni. Il versante meridionale assolato e spoglio o verdeggiante e mite nel susseguirsi mutevole delle stagioni è "L'aspetto della vera Sicilia; ma è anche un dolce susseguirsi di dorsi montani e collinosi tutti coltivati a frumento e ad orzo". La Fauna E' materialmente impossibile stilare un elenco esauriente di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, invertebrati che popolano questo territorio. Alcuni dati possono, in qualche modo, rendere un'idea dell'entità - in termini di quantità e qualità - di questo patrimonio. Le Madonie, da sole, ospitano tutte le specie di mammiferi presenti in Sicilia, il 70% circa degli uccelli che vi nidificano e il 60% circa degli invertebrati dell'isola. Tra queste specie, molti gli endemismi, le specie rare e quelle protette. Passeggiando trai boschi incontaminati , potrete ammirare: cinghiali, daini, lepri italiche, ricci europei occidentali, volpi rosse, e farfalle. La Flora Inoltrandosi dalle diverse possibili vie di accesso nell'area del Parco delle Madonie sino a raggiungere la sua parte centrale, si possono cogliere aspetti paesaggistici legati alla vegetazione presente, ricchi e diversificati, considerate anche l'estensione e l'articolazione orografica del territorio, che comprende quote che vanno da pochi metri sul livello del mare sino a 2000 metri circa. Crocevia di botanici e studiosi il Parco delle Madonie è la culla di una varietà vegetale unica al mondo. Quel tratto distintivo che rimane un aspetto che più di altri differenzia il territorio di questa catena che racchiude un areale ritenuto un vero e proprio "giardino botanico al centro del bacino del Mediterraneo". Tra le tante specie arborre spicca L’Abies nebrodensis considerata una specie in pericolo critico di estinzione ed è stata inserita nella lista delle 50 specie botaniche più minacciate dell’area mediterranea. Geologia e Paesaggio Dal punto di vista geologico il sistema montuoso delle Madonie può sostanzialmente essere distinto in tre grandi raggruppamenti principali - formati da rocce calcaree o silicee - molto simili ma in raltà differenti tra di essi per età litologica, origine e struttura: quello carbonatico Panormide costituito da grigio, durissimo calcare corallifero, presente nell'area centrale di Pizzo Carbonara; quello delle formazioni eminentemente carbonatiche del complesso basale che formano i rilievi occidentali culminanti nel Monte dei Cervi (1794 m); quello dei depositi siliceo-argillosi che interessano principalmente il versante nord-orientale. Geoparco delle Madonie – Patrimonio Unesco Il Geoparco delle Madonie UNESCO Global Geopark si trova in Sicilia, nel cuore del Mediterraneo, tra i più bei paesaggi di particolare interesse sia dal punto di vista geologico e geomorfologico, sia dal punto di vista didattico. Nel corso del tempo non c'è stata nessuna guida alla Sicilia o all'Italia che non abbia dedicato decine di pagine alle Madonie. Rappresenta quasi tutti gli aspetti della geologia siciliana, ha una storia molto complessa iniziata oltre 220 milioni di anni fa, ed è composta principalmente da calcare dolomitico che evoca mondi sconosciuti e scomparsi. Interessanti morfologie carsiche, sia in superficie che nel sottosuolo, si sono sviluppate più recentemente, 23,5 milioni di anni fa.
Castelbuono è inserito in un territorio dalle origini molto antiche, quello della valle delle Madonie, frequentato sin dal neolitico. Le prime notizie storiche risalgono al periodo medievale quando il borgo passò sotto la giurisdizione del monastero benedettino di Lipari. Nel 1316 il conte Francesco di Ventimiglia fece costruire il castello su un antico sito bizantino intorno al quale si sviluppò il centro abitato. Da quel momento, la famiglia Ventimiglia decise di trasferirsi a Castelbuono ma, alla fine del 1500, la popolazione locale fu quasi del tutto sterminata da due terribili epidemie. La corte decise di diventare una sorta di residenza d’artisti di notevole pregio, tra cui Torquato tasso, che contribuirono all’accrescimento artistico e urbanistico. Nel XVII secolo, con l’apertura al pubblico della chiesa della “Matrice nuova” in costruzione dal 1600 circa, il casale fu elevato al rango di città la quale fu dotata anche di un teatro. Con l’abolizione della società feudale, l’abitato di Castelbuono mantenne la sua importanza grazie all’operato di importanti famiglie e personalità illustri presenti sul territorio come Minà Palumbo, medico botanico italiano a cui oggi è dedicato il museo naturalistico. Nel 1821 assunse l’autonomia amministrativa e diventò comune. Naturalmente non si può non tenere conto della enorme tradizione culinaria della città e della zona intera. A Castelbuono troverete alcuni dei migliori ristoranti della regione come ad esempio i ristoranti: Nangalarruni e Palazzaccio si consiglia anche di visitare la pasticceria Fiasconaro, conosciuta in tutto il mondo per i suoi panettoni.
102 現地メンバーのおすすめ
Castelbuono
102 現地メンバーのおすすめ
Castelbuono è inserito in un territorio dalle origini molto antiche, quello della valle delle Madonie, frequentato sin dal neolitico. Le prime notizie storiche risalgono al periodo medievale quando il borgo passò sotto la giurisdizione del monastero benedettino di Lipari. Nel 1316 il conte Francesco di Ventimiglia fece costruire il castello su un antico sito bizantino intorno al quale si sviluppò il centro abitato. Da quel momento, la famiglia Ventimiglia decise di trasferirsi a Castelbuono ma, alla fine del 1500, la popolazione locale fu quasi del tutto sterminata da due terribili epidemie. La corte decise di diventare una sorta di residenza d’artisti di notevole pregio, tra cui Torquato tasso, che contribuirono all’accrescimento artistico e urbanistico. Nel XVII secolo, con l’apertura al pubblico della chiesa della “Matrice nuova” in costruzione dal 1600 circa, il casale fu elevato al rango di città la quale fu dotata anche di un teatro. Con l’abolizione della società feudale, l’abitato di Castelbuono mantenne la sua importanza grazie all’operato di importanti famiglie e personalità illustri presenti sul territorio come Minà Palumbo, medico botanico italiano a cui oggi è dedicato il museo naturalistico. Nel 1821 assunse l’autonomia amministrativa e diventò comune. Naturalmente non si può non tenere conto della enorme tradizione culinaria della città e della zona intera. A Castelbuono troverete alcuni dei migliori ristoranti della regione come ad esempio i ristoranti: Nangalarruni e Palazzaccio si consiglia anche di visitare la pasticceria Fiasconaro, conosciuta in tutto il mondo per i suoi panettoni.
Il nome dell’abitato è di origine greca – da Jerax, avvoltoio – e allude alla sua antica origine come luogo fortificato e impervia rocca. Qui infatti si stabilirono i greci nel 550 a.C. circa, nel 241 a.C. è già documentato come fiorente borgo. VI-VIII sec., dominazione bizantina. 840, la conquista musulmana non cancella la tradizione bizantina (fino al XIV sec. nella cappella palatina e nella chiesa di Santa Maria si continuerà a officiare secondo il rito greco-bizantino). 1072, con l’arrivo dei Normanni, Geraci diventa capitale dell’omonima contea. 1252, per discendenza femminile la contea perviene ai Ventimiglia, cui da questo momento Geraci lega il suo destino; a Enrico Ventimiglia si devono i due “Osteri” di Cefalù e il restauro del Duomo; fu lui a guidare, durante la guerra del Vespro (1282-1302), il partito svevo-aragonese nella guerra contro gli Angioini. 1338-54, la contea è confiscata ai Ventimiglia e assegnata ai rivali Chiaramonte per una presunta disobbedienza di Francesco I al sovrano aragonese. 1419, con Giovanni I Ventimiglia la contea è elevata a marchesato e la capitale trasferita a Castelbuono; per le numerose battaglie vinte come capo dell’esercito catalano, nel 1422 Giovanni diventa Vicerè di Napoli e di Sicilia. Nel 1430, Alfonso d’Aragona dà ai Ventimiglia il diritto di piena giurisdizione penale nella sua contea. XVII sec., si completa la decadenza di Geraci, che da tempo ha smesso di essere il centro politico ed economico dei Ventimiglia.
12 現地メンバーのおすすめ
Geraci Siculo
12 現地メンバーのおすすめ
Il nome dell’abitato è di origine greca – da Jerax, avvoltoio – e allude alla sua antica origine come luogo fortificato e impervia rocca. Qui infatti si stabilirono i greci nel 550 a.C. circa, nel 241 a.C. è già documentato come fiorente borgo. VI-VIII sec., dominazione bizantina. 840, la conquista musulmana non cancella la tradizione bizantina (fino al XIV sec. nella cappella palatina e nella chiesa di Santa Maria si continuerà a officiare secondo il rito greco-bizantino). 1072, con l’arrivo dei Normanni, Geraci diventa capitale dell’omonima contea. 1252, per discendenza femminile la contea perviene ai Ventimiglia, cui da questo momento Geraci lega il suo destino; a Enrico Ventimiglia si devono i due “Osteri” di Cefalù e il restauro del Duomo; fu lui a guidare, durante la guerra del Vespro (1282-1302), il partito svevo-aragonese nella guerra contro gli Angioini. 1338-54, la contea è confiscata ai Ventimiglia e assegnata ai rivali Chiaramonte per una presunta disobbedienza di Francesco I al sovrano aragonese. 1419, con Giovanni I Ventimiglia la contea è elevata a marchesato e la capitale trasferita a Castelbuono; per le numerose battaglie vinte come capo dell’esercito catalano, nel 1422 Giovanni diventa Vicerè di Napoli e di Sicilia. Nel 1430, Alfonso d’Aragona dà ai Ventimiglia il diritto di piena giurisdizione penale nella sua contea. XVII sec., si completa la decadenza di Geraci, che da tempo ha smesso di essere il centro politico ed economico dei Ventimiglia.
Petralia Soprana è probabilmente l’erede della Petra fondata dai Sicani delle Madonie. Conquistata dagli Arabi, fu chiamata Batraliah (da Batra, “pietra” e liah, “alta”). I Normanni la ribattezzarono Petra Heliae, “pietra di Elia”, in onore del profeta Elia, ritenuto il fondatore dell’ordine dei Carmelitani Scalzi. XVII sec. a. C., i Sicani, primi abitanti dell’altopiano delle Madonie, vivono in grotte naturali o scavate nella roccia calcarea; fondano Petra nei pressi dell’attuale centro storico. III sec. a.C., le prime notizie certe su Petra riferiscono che è schierata con i Romani durante la prima guerra punica; inserita da questi tra le città decumane, acquista notorietà per la grande quantità di grano che fornisce all’Impero. Cicerone nelle Verrine la loda per i vini, la cortesia e la fede degli abitanti; i resti di un acquedotto romano sono l’unica testimonianza di quel periodo. Nel IX sec. d.C., gli Arabi conquistano Petra che, con il nome di Batraliah, diventa uno dei centri militari più importanti delle Madonie; la cinta muraria ospita una popolazione mista di musulmani e cristiani di rito greco, che convivono in pace. 1061, il conte normanno Ruggero conquista Petra Heliae; la moschea, oggi chiesa del Salvatore, è riconsacrata al rito cristiano e diventa la cappella palatina del castello edificato nel 1066 come avanposto nella valle dell’Imera settentrionale, ancora in mano araba; la chiesa di San Teodoro deve la sua origine a una vittoria di Ruggero sui Saraceni. 1138, con il re Ruggero II, racconta il geografo arabo al-Idrisi, Petralia è sede di mercato, “nobile castello e superbo fortilizio”. 1201, Gilbert de Montfort è conte di Petralia. 1240-1260, il vasto territorio dell’antica Petra è smembrato in Comuni o “Università” autonome; nel 1258 Petralia Soprana insieme a Petralia Inferiore è assegnata dal re Manfredi a Enrico Ventimiglia di Geraci con il titolo di “Signoria delle Petralie”. 1337, Francesco Ventimiglia, conte di Geraci, è signore delle due Petralie. XV sec.-1811, fino all’abolizione della feudalità, l’Universitas di Petralia Soprana appartiene alle famiglie Centelles, Cardona, Moncada, Borgia Alvarez di Toledo e ai duchi di casa Ferrandina Alvarez.
29 現地メンバーのおすすめ
Petralia Soprana
29 現地メンバーのおすすめ
Petralia Soprana è probabilmente l’erede della Petra fondata dai Sicani delle Madonie. Conquistata dagli Arabi, fu chiamata Batraliah (da Batra, “pietra” e liah, “alta”). I Normanni la ribattezzarono Petra Heliae, “pietra di Elia”, in onore del profeta Elia, ritenuto il fondatore dell’ordine dei Carmelitani Scalzi. XVII sec. a. C., i Sicani, primi abitanti dell’altopiano delle Madonie, vivono in grotte naturali o scavate nella roccia calcarea; fondano Petra nei pressi dell’attuale centro storico. III sec. a.C., le prime notizie certe su Petra riferiscono che è schierata con i Romani durante la prima guerra punica; inserita da questi tra le città decumane, acquista notorietà per la grande quantità di grano che fornisce all’Impero. Cicerone nelle Verrine la loda per i vini, la cortesia e la fede degli abitanti; i resti di un acquedotto romano sono l’unica testimonianza di quel periodo. Nel IX sec. d.C., gli Arabi conquistano Petra che, con il nome di Batraliah, diventa uno dei centri militari più importanti delle Madonie; la cinta muraria ospita una popolazione mista di musulmani e cristiani di rito greco, che convivono in pace. 1061, il conte normanno Ruggero conquista Petra Heliae; la moschea, oggi chiesa del Salvatore, è riconsacrata al rito cristiano e diventa la cappella palatina del castello edificato nel 1066 come avanposto nella valle dell’Imera settentrionale, ancora in mano araba; la chiesa di San Teodoro deve la sua origine a una vittoria di Ruggero sui Saraceni. 1138, con il re Ruggero II, racconta il geografo arabo al-Idrisi, Petralia è sede di mercato, “nobile castello e superbo fortilizio”. 1201, Gilbert de Montfort è conte di Petralia. 1240-1260, il vasto territorio dell’antica Petra è smembrato in Comuni o “Università” autonome; nel 1258 Petralia Soprana insieme a Petralia Inferiore è assegnata dal re Manfredi a Enrico Ventimiglia di Geraci con il titolo di “Signoria delle Petralie”. 1337, Francesco Ventimiglia, conte di Geraci, è signore delle due Petralie. XV sec.-1811, fino all’abolizione della feudalità, l’Universitas di Petralia Soprana appartiene alle famiglie Centelles, Cardona, Moncada, Borgia Alvarez di Toledo e ai duchi di casa Ferrandina Alvarez.
L'origine di Castellana Sicula si fa risalire al XVIII secolo, periodo nel quale il feudatario del luogo, duca di Ferrandina, volle graziosamente dare il nome della moglie, che apparteneva alla famiglia dei Castellana di Spagna, alle terre sulle quali oggi sorge Castellana. La sua posizione felice, le sue pianure ricche d'acqua, il suo clima sembra abbiano attirato gli agricoltori di Gangi, Petralia, Polizzi, Caltavuturo che qui hanno trovato una dimora confacente costruendo così, verso il 1700, il primo insediamento urbano. Insediamento sorto nella pianura formata da tre Feudi: Castellana, Fana e Maimone, e attraversata da 4 Trazzere Regie.
6 現地メンバーのおすすめ
Castellana Sicula
6 現地メンバーのおすすめ
L'origine di Castellana Sicula si fa risalire al XVIII secolo, periodo nel quale il feudatario del luogo, duca di Ferrandina, volle graziosamente dare il nome della moglie, che apparteneva alla famiglia dei Castellana di Spagna, alle terre sulle quali oggi sorge Castellana. La sua posizione felice, le sue pianure ricche d'acqua, il suo clima sembra abbiano attirato gli agricoltori di Gangi, Petralia, Polizzi, Caltavuturo che qui hanno trovato una dimora confacente costruendo così, verso il 1700, il primo insediamento urbano. Insediamento sorto nella pianura formata da tre Feudi: Castellana, Fana e Maimone, e attraversata da 4 Trazzere Regie.
Polizzi Generosa, uno dei borghi più belli della Sicilia, sorge su un’alta rupe che si estende lungo le pendici meridionali delle Madonie e domina l’alta valle dell’Imera Settentrionale. Le sue origini sono molto antiche, come testimoniano i reperti archeologici, risalenti al IV-III secolo a.C., ritrovati negli anni nel centro urbano e nell’attuale zona di espansione. Esso ha visto il periodo di maggiore splendore tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento quando, godendo dei favori di una città demaniale e trovandosi lungo alcune delle principali vie di comunicazioni del tempo, si arricchì economicamente e culturalmente. A questo periodo risalgono molte delle opere, dal notevole valore artistico, che oggi si possono ammirare nelle tante chiese del paese. Notevole interesse riveste anche il suo territorio, sia dal punto di vista naturalistico-paesaggistico che storico-antropologico. Qui cresce l’Abies nebrodensis, uno degli alberi più rari al mondo; si trovano le “dolomitiche” Serre della Quacella e le splendide faggete, intervallate da bei prati d’alta quota, di Piano Cervi e Monte dei Cervi; abitavano molti dei nivalora che fino ad un recente passato rifornivano di neve, durante l’estate, monasteri e nobili di buona parte della Sicilia centro occidentale
12 現地メンバーのおすすめ
Polizzi Generosa
12 現地メンバーのおすすめ
Polizzi Generosa, uno dei borghi più belli della Sicilia, sorge su un’alta rupe che si estende lungo le pendici meridionali delle Madonie e domina l’alta valle dell’Imera Settentrionale. Le sue origini sono molto antiche, come testimoniano i reperti archeologici, risalenti al IV-III secolo a.C., ritrovati negli anni nel centro urbano e nell’attuale zona di espansione. Esso ha visto il periodo di maggiore splendore tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento quando, godendo dei favori di una città demaniale e trovandosi lungo alcune delle principali vie di comunicazioni del tempo, si arricchì economicamente e culturalmente. A questo periodo risalgono molte delle opere, dal notevole valore artistico, che oggi si possono ammirare nelle tante chiese del paese. Notevole interesse riveste anche il suo territorio, sia dal punto di vista naturalistico-paesaggistico che storico-antropologico. Qui cresce l’Abies nebrodensis, uno degli alberi più rari al mondo; si trovano le “dolomitiche” Serre della Quacella e le splendide faggete, intervallate da bei prati d’alta quota, di Piano Cervi e Monte dei Cervi; abitavano molti dei nivalora che fino ad un recente passato rifornivano di neve, durante l’estate, monasteri e nobili di buona parte della Sicilia centro occidentale
Caltavuturo si trova all’interno del Parco delle Madonie. E’ posto a 650 metri sul livello del mare nei pressi della Rocca di Sciara, roccia calcarea di origine dolomitica dalla cui vetta è ammirabile l’Eremo riferibile al periodo medievale. Le origini di Caltavuturo, difficili da stabilire con precisione, si basano su due tesi. Posto sul terrazzo roccioso e scosceso di Terravecchia, l’abitato offriva una magnifica difesa contro i nemici. Il nome Caltavuturo rivela l’origine islamica dell’insediamento urbano, anche se l’etimologia è ancora incerta. Secondo alcuni storici si potrebbe far risalire a Kalaat-abitur, vale a dire castello di Abi Tur con riferimento al nome del condottiero saraceno che proprio in questo territorio combatté con il suo esercito una sanguinosa battaglia durante la campagna di conquista della Sicilia. Secondo altri, il nome del paese significa Rocca dell’avvoltoio derivato dalla parola araba calaat (rocca) e da quella siciliana vuturu (avvoltoio).
Caltavuturo
Caltavuturo si trova all’interno del Parco delle Madonie. E’ posto a 650 metri sul livello del mare nei pressi della Rocca di Sciara, roccia calcarea di origine dolomitica dalla cui vetta è ammirabile l’Eremo riferibile al periodo medievale. Le origini di Caltavuturo, difficili da stabilire con precisione, si basano su due tesi. Posto sul terrazzo roccioso e scosceso di Terravecchia, l’abitato offriva una magnifica difesa contro i nemici. Il nome Caltavuturo rivela l’origine islamica dell’insediamento urbano, anche se l’etimologia è ancora incerta. Secondo alcuni storici si potrebbe far risalire a Kalaat-abitur, vale a dire castello di Abi Tur con riferimento al nome del condottiero saraceno che proprio in questo territorio combatté con il suo esercito una sanguinosa battaglia durante la campagna di conquista della Sicilia. Secondo altri, il nome del paese significa Rocca dell’avvoltoio derivato dalla parola araba calaat (rocca) e da quella siciliana vuturu (avvoltoio).
SCLAFANI BAGNI Sclafani Bagni è il più piccolo paese della Città Metropolitana di Palermo, il terzo di tutta la Sicilia. Conta circa 420 abitanti con un'estensione territoriale di circa 14 mila ettari, retaggio del suo glorioso passato feudale. Si trova abbarbicato a 811 metri sul livello del mare, in mezzo alle Madonie, catena montuosa nel cuore della Sicilia. Le sue origini risalgono al IV sec. a.C. Il nome Sclafani deriva probabilmente da "tempio di Esculapio" (dio della medicina), proprio per le proprietà medicamentose che si riconoscono alle sue acque termali della sorgente che corre nella vallata ai piedi del paese, a circa 500 metri sul livello del mare. È un posto magico dove il tempo sembra essersi fermato. Le macchine non possono accedere alle vie del paese, troppo strette per i mezzi contemporanei. Il silenzio è rotto solo dal cinguettìo degli uccelli e dalla gente che saluta per strada anche senza conoscervi. A Sclafani Bagni non potrete perdervi, sia perchè il paese è troppo piccolo, sia perchè qualcuno sarà sempre pronto ad aiutarvi, darvi indicazioni, ospitarvi a casa sua, mostrarvi antiche tradizioni.
Sclafani Bagni
SCLAFANI BAGNI Sclafani Bagni è il più piccolo paese della Città Metropolitana di Palermo, il terzo di tutta la Sicilia. Conta circa 420 abitanti con un'estensione territoriale di circa 14 mila ettari, retaggio del suo glorioso passato feudale. Si trova abbarbicato a 811 metri sul livello del mare, in mezzo alle Madonie, catena montuosa nel cuore della Sicilia. Le sue origini risalgono al IV sec. a.C. Il nome Sclafani deriva probabilmente da "tempio di Esculapio" (dio della medicina), proprio per le proprietà medicamentose che si riconoscono alle sue acque termali della sorgente che corre nella vallata ai piedi del paese, a circa 500 metri sul livello del mare. È un posto magico dove il tempo sembra essersi fermato. Le macchine non possono accedere alle vie del paese, troppo strette per i mezzi contemporanei. Il silenzio è rotto solo dal cinguettìo degli uccelli e dalla gente che saluta per strada anche senza conoscervi. A Sclafani Bagni non potrete perdervi, sia perchè il paese è troppo piccolo, sia perchè qualcuno sarà sempre pronto ad aiutarvi, darvi indicazioni, ospitarvi a casa sua, mostrarvi antiche tradizioni.
E’ definita villa giardino, porta del Parco delle Madonie. Sicuramente il centro è sorto per la presenza delle sorgive di acqua e l’ubertosità del luogo. Ai piedi del monte Fanusi a 225 m.l.m. si sviluppa, su un clivo il centro urbano circondato da un manto di giardini, frutteti e uliveti. Sulle origini si sono avanzate diverse ipotesi: Alcuni sostengono che il centro sia stato fondato da una colonia di Ateniesi e che venne denominata “ Scillezia” o “ Scilluzia”, dal nome della Dea Minerva ai tempi della dominazione greca-romana. Le notizie storiche partono dal 1156, da una donazione fatta da Adelasia, nipote del Conte Ruggiero, alla Diocesi di Cefalù, di un mulino denominato Fundua, nel borgo rurale “Apud Xillatum” oggi Scillato. Nel 300 fa parte integrante della Contea di Sclafani e ne segue le sorti sino al 1600 con i Moncada Aragona che risultano essere Signori di Scillato. Lo sviluppo urbanistico di Scillato, si configura, a modo di cerchi, nell’insieme di manufatti edilizi vecchi e nuovi costruiti bifronte, racchiudendo all’interno oasi di verde costituite di giardini di arancio e frutteti.
Scillato
E’ definita villa giardino, porta del Parco delle Madonie. Sicuramente il centro è sorto per la presenza delle sorgive di acqua e l’ubertosità del luogo. Ai piedi del monte Fanusi a 225 m.l.m. si sviluppa, su un clivo il centro urbano circondato da un manto di giardini, frutteti e uliveti. Sulle origini si sono avanzate diverse ipotesi: Alcuni sostengono che il centro sia stato fondato da una colonia di Ateniesi e che venne denominata “ Scillezia” o “ Scilluzia”, dal nome della Dea Minerva ai tempi della dominazione greca-romana. Le notizie storiche partono dal 1156, da una donazione fatta da Adelasia, nipote del Conte Ruggiero, alla Diocesi di Cefalù, di un mulino denominato Fundua, nel borgo rurale “Apud Xillatum” oggi Scillato. Nel 300 fa parte integrante della Contea di Sclafani e ne segue le sorti sino al 1600 con i Moncada Aragona che risultano essere Signori di Scillato. Lo sviluppo urbanistico di Scillato, si configura, a modo di cerchi, nell’insieme di manufatti edilizi vecchi e nuovi costruiti bifronte, racchiudendo all’interno oasi di verde costituite di giardini di arancio e frutteti.
Collesano gode di una posizione geografica invidiabile, in quanto dista meno di mezz'ora dalle località di mare e di montagna. Infatti a 20 Km si trova Piano Battaglia, nota località sciistica e a 25 Km c'è Cefalù, rinomato centro turistico balneare della costa tirrenica meridionale. Posizionato in una vallata ricca di ambienti naturali di rara e suggestiva bellezza, Collesano è luogo ideale di villeggiatura per chi vuole ancora immergersi in una natura incontaminata e trascorrere una vacanza alla scoperta della storia, delle tradizioni e delle genuinità. L'odierna Collesano è una cittadina normanna. Fondata per volere di re Ruggero all'incirca tra il 1130 e il 1140. L’origine dell'abitato di Collesano va ricercata tuttavia sul monte che sovrasta a ovest il paese: Monte d'Oro, nel quale rimangono notevoli resti materiali dell'antica città araba di Qal'at as-sirat ("Rocca della retta via"), antenata dell'odierna Collesano, con molte probabilità fondata già in età bizantina, ma distrutta e abbandonata nel XII secolo per volere di re Ruggero e trasferita nel sito dove si trova oggi l'abitato odierno. Artigianato e Agricoltura rappresentano un connubio fra arte e sapori che valorizza il territorio e la sua tipicità. L'Artigianato locale è rappresentato dai maestri del ferro, del legno, del ricamo e della ceramica. Luoghi di interesse: la Basilica di San Pietro, il Castello Medievale, Chiesa di Santa Maria di Gesù e Chiesa di Santa Maria la Vecchia.
7 現地メンバーのおすすめ
Collesano
7 現地メンバーのおすすめ
Collesano gode di una posizione geografica invidiabile, in quanto dista meno di mezz'ora dalle località di mare e di montagna. Infatti a 20 Km si trova Piano Battaglia, nota località sciistica e a 25 Km c'è Cefalù, rinomato centro turistico balneare della costa tirrenica meridionale. Posizionato in una vallata ricca di ambienti naturali di rara e suggestiva bellezza, Collesano è luogo ideale di villeggiatura per chi vuole ancora immergersi in una natura incontaminata e trascorrere una vacanza alla scoperta della storia, delle tradizioni e delle genuinità. L'odierna Collesano è una cittadina normanna. Fondata per volere di re Ruggero all'incirca tra il 1130 e il 1140. L’origine dell'abitato di Collesano va ricercata tuttavia sul monte che sovrasta a ovest il paese: Monte d'Oro, nel quale rimangono notevoli resti materiali dell'antica città araba di Qal'at as-sirat ("Rocca della retta via"), antenata dell'odierna Collesano, con molte probabilità fondata già in età bizantina, ma distrutta e abbandonata nel XII secolo per volere di re Ruggero e trasferita nel sito dove si trova oggi l'abitato odierno. Artigianato e Agricoltura rappresentano un connubio fra arte e sapori che valorizza il territorio e la sua tipicità. L'Artigianato locale è rappresentato dai maestri del ferro, del legno, del ricamo e della ceramica. Luoghi di interesse: la Basilica di San Pietro, il Castello Medievale, Chiesa di Santa Maria di Gesù e Chiesa di Santa Maria la Vecchia.
Isnello si trova in provincia di Palermo, nella splendida cornice del Parco delle Madonie. Posto su una rupe, a un’altitudine di 530 metri sul livello del mare, è un rinomato luogo di villeggiatura montana, sia in estate che in inverno. Durante la stagione fredda, la neve imbianca i tetti delle case e i boschi circostanti, avvolgendo tutto in una magica atmosfera; nel corso della bella stagione, offre refrigerio dalle giornate afose. Querce, lecci e faggi circondano il paese. L’origine del nome ha acceso più di un dibattito. Pur non essendo giunti ad un definitivo pronunciamento in merito, è certo però che derivi dalle caratteristiche del corso d’acqua che ne attraversa tutto il territorio. Ipotetiche voci da cui ha avuto origine sono il termine siriaco hassin che significa fiume freddo, il punico hassinor che indica un torrente che scorre in un alveo a forma di tubo, il greco asines che indica l’innocuità del torrente. Non si ha molto sulla storia e l’evoluzione dell’insediamento in epoca romana e nei primi secoli dell’era cristiana. Le fonti riferiscono sporadiche notizie durante il periodo della dominazione araba che, come in tutta l’isola, ha lasciato segni indelebili anche nella toponomastica. In questo periodo Isnello è chiamato Menzil Al-Hamàr, che significa villaggio fortificato. La presenza dell’uomo è abbastanza antica, come testimoniano alcuni reperti trovati in grotte limitrofe. L’area, infatti, sarebbe stata antropizzata fin dall’età preistorica e, più precisamente, dall’Eneolitico. I ruderi dell’Eremo di San Leonardo e del Castello che sovrasta l’abitato sono testimonianza della presenza bizantina già nell’VIII secolo. Il primo nucleo abitato vero e proprio si è sviluppato nel XIII secolo, intorno a un antico maniero, di cui oggi si ammirano il perimetro esterno e pochi ruderi.
11 現地メンバーのおすすめ
Isnello
11 現地メンバーのおすすめ
Isnello si trova in provincia di Palermo, nella splendida cornice del Parco delle Madonie. Posto su una rupe, a un’altitudine di 530 metri sul livello del mare, è un rinomato luogo di villeggiatura montana, sia in estate che in inverno. Durante la stagione fredda, la neve imbianca i tetti delle case e i boschi circostanti, avvolgendo tutto in una magica atmosfera; nel corso della bella stagione, offre refrigerio dalle giornate afose. Querce, lecci e faggi circondano il paese. L’origine del nome ha acceso più di un dibattito. Pur non essendo giunti ad un definitivo pronunciamento in merito, è certo però che derivi dalle caratteristiche del corso d’acqua che ne attraversa tutto il territorio. Ipotetiche voci da cui ha avuto origine sono il termine siriaco hassin che significa fiume freddo, il punico hassinor che indica un torrente che scorre in un alveo a forma di tubo, il greco asines che indica l’innocuità del torrente. Non si ha molto sulla storia e l’evoluzione dell’insediamento in epoca romana e nei primi secoli dell’era cristiana. Le fonti riferiscono sporadiche notizie durante il periodo della dominazione araba che, come in tutta l’isola, ha lasciato segni indelebili anche nella toponomastica. In questo periodo Isnello è chiamato Menzil Al-Hamàr, che significa villaggio fortificato. La presenza dell’uomo è abbastanza antica, come testimoniano alcuni reperti trovati in grotte limitrofe. L’area, infatti, sarebbe stata antropizzata fin dall’età preistorica e, più precisamente, dall’Eneolitico. I ruderi dell’Eremo di San Leonardo e del Castello che sovrasta l’abitato sono testimonianza della presenza bizantina già nell’VIII secolo. Il primo nucleo abitato vero e proprio si è sviluppato nel XIII secolo, intorno a un antico maniero, di cui oggi si ammirano il perimetro esterno e pochi ruderi.
Alle prime falde delle Madonie, fra le quali troneggia il massiccio di Pizzo di Pilo, sovrastante panoramicamente la costa tirrenica, a 657 metri sul livello del mare, sorge Gratteri. Il centro urbano, disposto ad anfiteatro, si affaccia sul lato nord del territorio e gode di un meraviglioso panorama che va dal golfo di Cefalù al golfo di Palermo. Secondo una descrizione di Benedetto Passafiume del 1645, la città era in quest'epoca suddivisa in un nucleo più antico, con un castello e circondato da mura accessibili da tre porte, che corrisponde al centro medioevale, e un nucleo più recente, che corrisponde alla successiva espansione avvenuta a partire dal XV secolo. Diverse ipotesi sono state avanzate sull'origine del toponimo: secondo Maurolico "la città di Gratteri, vicina a Cefalù, prese il nome dal monte chiamato Cratos". Cratos o Craton sarebbe dunque il toponimo attribuito ai locali rilievi montuosi. In alternativa il nome potrebbe derivare dal Crati, il torrente che scendendo da Pizzo Di Pilo attraversa l'abitato. La Grotta Grattara è situata a circa 300 m. dall’abitato di Gratteri, proprio alle estreme falde del Pizzo di Pilo, ad oltre 1000 metri d’altitudine, da dove s’abbraccia un paesaggio panoramicamente indescrivibile, il toponimo ha probabilmente contribuito a dare il nome al paese.
14 現地メンバーのおすすめ
Gratteri
14 現地メンバーのおすすめ
Alle prime falde delle Madonie, fra le quali troneggia il massiccio di Pizzo di Pilo, sovrastante panoramicamente la costa tirrenica, a 657 metri sul livello del mare, sorge Gratteri. Il centro urbano, disposto ad anfiteatro, si affaccia sul lato nord del territorio e gode di un meraviglioso panorama che va dal golfo di Cefalù al golfo di Palermo. Secondo una descrizione di Benedetto Passafiume del 1645, la città era in quest'epoca suddivisa in un nucleo più antico, con un castello e circondato da mura accessibili da tre porte, che corrisponde al centro medioevale, e un nucleo più recente, che corrisponde alla successiva espansione avvenuta a partire dal XV secolo. Diverse ipotesi sono state avanzate sull'origine del toponimo: secondo Maurolico "la città di Gratteri, vicina a Cefalù, prese il nome dal monte chiamato Cratos". Cratos o Craton sarebbe dunque il toponimo attribuito ai locali rilievi montuosi. In alternativa il nome potrebbe derivare dal Crati, il torrente che scendendo da Pizzo Di Pilo attraversa l'abitato. La Grotta Grattara è situata a circa 300 m. dall’abitato di Gratteri, proprio alle estreme falde del Pizzo di Pilo, ad oltre 1000 metri d’altitudine, da dove s’abbraccia un paesaggio panoramicamente indescrivibile, il toponimo ha probabilmente contribuito a dare il nome al paese.
Scopriamo oggi la storia di Pollina, in provincia di Palermo. Forse non tutti lo sanno, ma la sua origine è legata a una affascinante credenza popolare, che narra la storia di un amore contrastato. Secondo alcuni storici, Pollina potrebbe essere la moderna erede di Apollonia, una città della Magna Grecia, consacrata ad Apollo, dio della luce, della poesia e della divinazione. Diversi scrittori dell’antichità, tra i quali Primo Cicerone, Diodoro Siculo e Stefano Bizantino, narrano di una certa Apollonia, ubicata tra Motta e Gangi. Non esistono, comunque, documenti o reperti in grado di confermare questa tesi. Andando invece alla credenza popolare, si dice che Pollina sia nata dalla fuga di due amanti, Donna Pulina (una principessa normanna) e Ayub (un visir arabo). Le rispettive famiglie contrastavano il loro amore e i due si videro costretti a fuggire per cercare un luogo romantico e isolato in cui costruire il loro romantico e inoppugnabile castello. Avrebbero scelto la cima della montagna sulla quale oggi sorge Pollina, costruendo lì il castello. Nel 1321 dal vescovo di Cefalù venne concessa al conte Francesco Ventimiglia, la cui famiglia conserverà la baronia fino alla eversione della feudalità agli inizi del secolo XIX. Dal 1321 alla fine della feudalità (1812), fece parte fondamentalmente dei possedimenti della famiglia Ventimiglia e il suo sviluppo fu legato essenzialmente a quello del “Marchisato”. Nel XVI secolo, proprio sotto la dominazione dei Ventimiglia, raggiunse il suo massimo splendore. Nei primi del ‘500 il controllo da parte dei Ventimiglia, sugli sbocchi marittimi di Termini Imerese, Cefalù e Castel di Tusa, pose in secondo piano l’importanza dello sbocco di Finale. In seguito, , lo sbocco marittimo di Finale, per la “Val Demone”, acquistò importanza vitale per la vita economica e commerciale dell’intero territorio controllato dai Ventimiglia. Infatti, come testimonia V. Amico, ai tempi cominciava a svilupparsi Finale come centro abitato dove esisteva già una “decentissima abitazione del marchese di Geraci con annessa torre di ispezione”. Finale si sviluppava quindi come sbocco commerciale marittimo del Marchesato, con l’area dei depositi retrostante alla torre di guardia (l’attuale “Torre” di Finale), la residenza saltuaria del Marchese ad Ovest dell’abitato e le abitazioni tra questi “poli”, “con delle rette vie”. Lo sviluppo turistico della zona cominciò negli anni ’70 del Novecento, quando su progetto dell’architetto Foscari fu costruito, sulle linee del teatro greco, un teatro all’aperto ricavato da una roccia dolomitica, dal particolare colore metà rosato e metà bianco, da cui il nome di “Pietrarosa”.
21 現地メンバーのおすすめ
Pollina
21 現地メンバーのおすすめ
Scopriamo oggi la storia di Pollina, in provincia di Palermo. Forse non tutti lo sanno, ma la sua origine è legata a una affascinante credenza popolare, che narra la storia di un amore contrastato. Secondo alcuni storici, Pollina potrebbe essere la moderna erede di Apollonia, una città della Magna Grecia, consacrata ad Apollo, dio della luce, della poesia e della divinazione. Diversi scrittori dell’antichità, tra i quali Primo Cicerone, Diodoro Siculo e Stefano Bizantino, narrano di una certa Apollonia, ubicata tra Motta e Gangi. Non esistono, comunque, documenti o reperti in grado di confermare questa tesi. Andando invece alla credenza popolare, si dice che Pollina sia nata dalla fuga di due amanti, Donna Pulina (una principessa normanna) e Ayub (un visir arabo). Le rispettive famiglie contrastavano il loro amore e i due si videro costretti a fuggire per cercare un luogo romantico e isolato in cui costruire il loro romantico e inoppugnabile castello. Avrebbero scelto la cima della montagna sulla quale oggi sorge Pollina, costruendo lì il castello. Nel 1321 dal vescovo di Cefalù venne concessa al conte Francesco Ventimiglia, la cui famiglia conserverà la baronia fino alla eversione della feudalità agli inizi del secolo XIX. Dal 1321 alla fine della feudalità (1812), fece parte fondamentalmente dei possedimenti della famiglia Ventimiglia e il suo sviluppo fu legato essenzialmente a quello del “Marchisato”. Nel XVI secolo, proprio sotto la dominazione dei Ventimiglia, raggiunse il suo massimo splendore. Nei primi del ‘500 il controllo da parte dei Ventimiglia, sugli sbocchi marittimi di Termini Imerese, Cefalù e Castel di Tusa, pose in secondo piano l’importanza dello sbocco di Finale. In seguito, , lo sbocco marittimo di Finale, per la “Val Demone”, acquistò importanza vitale per la vita economica e commerciale dell’intero territorio controllato dai Ventimiglia. Infatti, come testimonia V. Amico, ai tempi cominciava a svilupparsi Finale come centro abitato dove esisteva già una “decentissima abitazione del marchese di Geraci con annessa torre di ispezione”. Finale si sviluppava quindi come sbocco commerciale marittimo del Marchesato, con l’area dei depositi retrostante alla torre di guardia (l’attuale “Torre” di Finale), la residenza saltuaria del Marchese ad Ovest dell’abitato e le abitazioni tra questi “poli”, “con delle rette vie”. Lo sviluppo turistico della zona cominciò negli anni ’70 del Novecento, quando su progetto dell’architetto Foscari fu costruito, sulle linee del teatro greco, un teatro all’aperto ricavato da una roccia dolomitica, dal particolare colore metà rosato e metà bianco, da cui il nome di “Pietrarosa”.
Ci sono luoghi privilegiati, in cui in un soffio è facile toccare il cielo, ammirarne l'infinito blu e lasciarsi accarezzare dal suo tocco dolce e profondo, e un istante dopo abbandonarsi all'abbraccio del mare, di un celeste intenso, e quindi ritrovarsi immersi in un connubio perfetto di terra e cielo. San Mauro Castelverde, in Sicilia, nell'area metropolitana di Palermo, è un piccolo borgo solitario, accatastato lungo le verdi gobbe montane del Parco delle Madonie, di cui è la porta orientale. Piccolo e giocoso, come tutti i paesini che compongono il territorio, San Mauro sorge a 1100 metri sul livello del mare; a lambire il suo territorio c’è però anche l’acqua, col Mar Tirreno che si fa strada lungo i suoi rilievi, accarezzando quella terra fertile col suo tocco amorevole. L'acqua con i suoi tempi millenari ha scolpito le Gole di Tiberio, magnifica forra tra le rocce calcaree, create dal fiume Paollina che tra l'altro offre ai turisti delle possibilità di effettuare spettacolari rafting tra le rocce. Pochi paesi in Italia godono di questo regalo di madre natura: l’altezza su cui sorge e riposa non gli impedisce infatti di avere un litorale proprio, su cui d’estate i colori del blu mare di Sicilia vengono fuori con intensità e vigore. San Mauro Castelverde vanta radici antichissime: si dice che il paese venne fondato dai greci, per poi passare in mano normanna e che assunse il suo nome attuale in una data ancora incerta, sicuramente dopo il 15 gennaio 584, data della morte di San Mauro abate, la cui reliquia era stata donata al paese dai monaci benedettini. Durante il medioevo questo piccolo borgo sospeso sulla montagna divenne un importante centro per il commercio e l’artigianato ed ancora oggi, tra i suoi vicoli di pietra e le sue viuzze ricamate a dedalo, è possibile scorgere l’immagine di un passato glorioso e magnifico. Queste vie, un tempo animate da un vociare intenso di artigiani e mercanti, convergevano tutte verso l’alto, verso il cuore di pietra del borgo, verso il Castello di San Mauro, simbolo della forza e del potere della casata dei Ventimiglia, di cui oggi rimane solo qualche rudere. Persi nell’emozione di ricostruire attraverso quelle rovine l’immagine del passato, lasciatevi guidare dal vostro sguardo ed ammirate, da quell’altura, la bella e verde Sicilia che si mostra a voi più splendente che mai. In lontananza, con lo sguardo appesantito dalla nebbia che spesso ombreggia su questa terra, si può scorgere la figura austera e magnanima dell’Etna: un sovrano imperioso che domina fiero elevandosi al di sopra di tutti. Lo spettacolo è eccezionale.
San Mauro Castelverde
Ci sono luoghi privilegiati, in cui in un soffio è facile toccare il cielo, ammirarne l'infinito blu e lasciarsi accarezzare dal suo tocco dolce e profondo, e un istante dopo abbandonarsi all'abbraccio del mare, di un celeste intenso, e quindi ritrovarsi immersi in un connubio perfetto di terra e cielo. San Mauro Castelverde, in Sicilia, nell'area metropolitana di Palermo, è un piccolo borgo solitario, accatastato lungo le verdi gobbe montane del Parco delle Madonie, di cui è la porta orientale. Piccolo e giocoso, come tutti i paesini che compongono il territorio, San Mauro sorge a 1100 metri sul livello del mare; a lambire il suo territorio c’è però anche l’acqua, col Mar Tirreno che si fa strada lungo i suoi rilievi, accarezzando quella terra fertile col suo tocco amorevole. L'acqua con i suoi tempi millenari ha scolpito le Gole di Tiberio, magnifica forra tra le rocce calcaree, create dal fiume Paollina che tra l'altro offre ai turisti delle possibilità di effettuare spettacolari rafting tra le rocce. Pochi paesi in Italia godono di questo regalo di madre natura: l’altezza su cui sorge e riposa non gli impedisce infatti di avere un litorale proprio, su cui d’estate i colori del blu mare di Sicilia vengono fuori con intensità e vigore. San Mauro Castelverde vanta radici antichissime: si dice che il paese venne fondato dai greci, per poi passare in mano normanna e che assunse il suo nome attuale in una data ancora incerta, sicuramente dopo il 15 gennaio 584, data della morte di San Mauro abate, la cui reliquia era stata donata al paese dai monaci benedettini. Durante il medioevo questo piccolo borgo sospeso sulla montagna divenne un importante centro per il commercio e l’artigianato ed ancora oggi, tra i suoi vicoli di pietra e le sue viuzze ricamate a dedalo, è possibile scorgere l’immagine di un passato glorioso e magnifico. Queste vie, un tempo animate da un vociare intenso di artigiani e mercanti, convergevano tutte verso l’alto, verso il cuore di pietra del borgo, verso il Castello di San Mauro, simbolo della forza e del potere della casata dei Ventimiglia, di cui oggi rimane solo qualche rudere. Persi nell’emozione di ricostruire attraverso quelle rovine l’immagine del passato, lasciatevi guidare dal vostro sguardo ed ammirate, da quell’altura, la bella e verde Sicilia che si mostra a voi più splendente che mai. In lontananza, con lo sguardo appesantito dalla nebbia che spesso ombreggia su questa terra, si può scorgere la figura austera e magnanima dell’Etna: un sovrano imperioso che domina fiero elevandosi al di sopra di tutti. Lo spettacolo è eccezionale.

Le Guide ai Quartieri

Il suo nome istituzionale, Sant’Ambrogio, mai farebbe pensare a una località del sud, men che meno appartenente alla Sicilia del profondo sud, senonché il dialettale toponimo Sant’Amrociu riporta chiarezza e identità a un’amena frazione sul mare di appena 250 abitanti affiliata al comune di Cefalù, in provincia di Palermo. Il parziale isolamento della frazione dal centro urbano viene in qualche modo adornato dalle meraviglie naturalistiche del Parco delle Madonie, istituito nel 1989 quale oasi incastonata fra il massiccio montuoso delle Madonie, la costa e il corso dei fiumi Imera e Pollina: è un luogo ricco di flora e fauna, con pregi geologici che ne fanno dal novembre 2015 uno dei migliori Geoparchi mondiali UNESCO. Cenni storici L’esiguo numero della popolazione è addotto al fatto che nella seconda metà del ‘900 prese piede il latente fenomeno dell’emigrazione negli Stati Uniti d’America ma altresì in Francia e Germania, causato dalla necessità di trovare lavoro. Molti di quegli emigrati usano tornare sovente al paese natio per riabbracciare le loro famiglie d’origine e riassaporare l’atmosfera tutta italiana che si respira a livello insulare. La storia di Sant’Ambrogio si lega irrevocabilmente al sisma del 1783, a seguito del quale sarebbe nata la frazione, sorta nel luogo precedentemente occupato da una cappella dedicata all’attuale santo patrono. Un preesistente villaggio si era comunque adagiato già nel XVII secolo, servile appendice di famiglie nobili e proprietari terrieri. Una riflessione puramente toponomastica ha indotto molti studiosi a pensare che i primi a insediarsi in loco furono con ogni probabilità individui lombardi, forse provenienti da Milano o dalla vicina Linate, giunti in Sicilia per colonizzare alcuni territori bradi da sottoporre a coltura intensiva. Oggi come allora, l’economia sfrutta le risorse della terra mediante le braccia di nerboruti contadini dediti principalmente alla coltura del frassino, della vigna, degli agrumeti e dei frutteti, non postergando ovviamente gli ulivi: per inciso, la prospicienza al mare ha favorito non poco l’agricoltura e da essa si sono nel tempo cullate produzioni sapienti di vino e olio il cui marchio autoctono garantisce ormai da lunghi anni qualità e sicurezza di filiera. Cosa vedere a Sant'Ambrogio Sant’Ambrogio va considerata in attinenza a un aulico ed evocativo linguaggio poetico una terrazza incantata sul Tirreno, mediana ancella del golfo compreso fra le scogliere della Calura e la punta di Finale ma imprescindibile dall’affezione sincera alla campagna dell’entroterra, grande ricchezza dell’abitato. Il centro urbano è diviso in cinque rioni, Chian’a Chiesa, Cozzomauro, Fontana, Ristinchi e Manche, ognuno con le sue belle tradizioni, le proprie propensioni e tendenze. La borgata si stringe tutt’intorno all’unico edificio di culto presente, ovverosia l’ottocentesca Chiesa della Madonna della Salute, che custodisce tuttavia un’effige di Sant’Ambrogio ma alla Vergine dedica i tradizionali festeggiamenti che imperversano ilari la terza domenica di luglio. Il turismo d’annata si riversa, e non può risultare fatto eccezionale, sulla costa, poiché è divenuto sempre più impellente il bisogno da parte delle famiglie del continente di individuare e perciò visitare luoghi invisi a caos e frenesia metropolitana. Mare e spiagge In tal senso, Sant’Ambrogio accontenta appieno questa richiesta: ha un mare limpido e pulito, cristallino per la sua purezza, caldo per il clima isolano, spiagge ampie e assolate la cui sabbia soffice si estende per chilometri non sottraendosi all’incontro con voluttuosi scogli assai graditi alla fauna ittica. L'arenile più prossimo al borgo è la spiaggia piccola, che rimane chiusa ad occidente da alcuni grossi scogli. Ha una lunghezza di quasi 250 metri, mentre la sua prfondità tocca nel punto più ampio circa 35 metri di lunghezza. Poi ancora più ad ovest, in direzione di Cefalù, trovate la spiaggia grande, con un fronte ondulato di oltre 1,5 km, con il primo tratto dotato di una superficie maggiore di sabbie. I fondali, qui, sono infatti un autentico spettacolo di colori, paradiso per gli appassionati di subacquea e dell’oramai diffusa pratica dello snorkeling (l’osservazione in apnea di pesci, alghe e piante). Chi poi intende esimersi dal mettere i piedi a bagno, si proietta nell’afflato suadente della campagna, luogo ideale per lunghe passeggiate, gite a cavallo, esplorazioni boschive ed escursionismo insistito fra sentieri, mulattiere e trazzere. Ci vuole altro per convincervi?
15 現地メンバーのおすすめ
Sant'Ambrogio
15 現地メンバーのおすすめ
Il suo nome istituzionale, Sant’Ambrogio, mai farebbe pensare a una località del sud, men che meno appartenente alla Sicilia del profondo sud, senonché il dialettale toponimo Sant’Amrociu riporta chiarezza e identità a un’amena frazione sul mare di appena 250 abitanti affiliata al comune di Cefalù, in provincia di Palermo. Il parziale isolamento della frazione dal centro urbano viene in qualche modo adornato dalle meraviglie naturalistiche del Parco delle Madonie, istituito nel 1989 quale oasi incastonata fra il massiccio montuoso delle Madonie, la costa e il corso dei fiumi Imera e Pollina: è un luogo ricco di flora e fauna, con pregi geologici che ne fanno dal novembre 2015 uno dei migliori Geoparchi mondiali UNESCO. Cenni storici L’esiguo numero della popolazione è addotto al fatto che nella seconda metà del ‘900 prese piede il latente fenomeno dell’emigrazione negli Stati Uniti d’America ma altresì in Francia e Germania, causato dalla necessità di trovare lavoro. Molti di quegli emigrati usano tornare sovente al paese natio per riabbracciare le loro famiglie d’origine e riassaporare l’atmosfera tutta italiana che si respira a livello insulare. La storia di Sant’Ambrogio si lega irrevocabilmente al sisma del 1783, a seguito del quale sarebbe nata la frazione, sorta nel luogo precedentemente occupato da una cappella dedicata all’attuale santo patrono. Un preesistente villaggio si era comunque adagiato già nel XVII secolo, servile appendice di famiglie nobili e proprietari terrieri. Una riflessione puramente toponomastica ha indotto molti studiosi a pensare che i primi a insediarsi in loco furono con ogni probabilità individui lombardi, forse provenienti da Milano o dalla vicina Linate, giunti in Sicilia per colonizzare alcuni territori bradi da sottoporre a coltura intensiva. Oggi come allora, l’economia sfrutta le risorse della terra mediante le braccia di nerboruti contadini dediti principalmente alla coltura del frassino, della vigna, degli agrumeti e dei frutteti, non postergando ovviamente gli ulivi: per inciso, la prospicienza al mare ha favorito non poco l’agricoltura e da essa si sono nel tempo cullate produzioni sapienti di vino e olio il cui marchio autoctono garantisce ormai da lunghi anni qualità e sicurezza di filiera. Cosa vedere a Sant'Ambrogio Sant’Ambrogio va considerata in attinenza a un aulico ed evocativo linguaggio poetico una terrazza incantata sul Tirreno, mediana ancella del golfo compreso fra le scogliere della Calura e la punta di Finale ma imprescindibile dall’affezione sincera alla campagna dell’entroterra, grande ricchezza dell’abitato. Il centro urbano è diviso in cinque rioni, Chian’a Chiesa, Cozzomauro, Fontana, Ristinchi e Manche, ognuno con le sue belle tradizioni, le proprie propensioni e tendenze. La borgata si stringe tutt’intorno all’unico edificio di culto presente, ovverosia l’ottocentesca Chiesa della Madonna della Salute, che custodisce tuttavia un’effige di Sant’Ambrogio ma alla Vergine dedica i tradizionali festeggiamenti che imperversano ilari la terza domenica di luglio. Il turismo d’annata si riversa, e non può risultare fatto eccezionale, sulla costa, poiché è divenuto sempre più impellente il bisogno da parte delle famiglie del continente di individuare e perciò visitare luoghi invisi a caos e frenesia metropolitana. Mare e spiagge In tal senso, Sant’Ambrogio accontenta appieno questa richiesta: ha un mare limpido e pulito, cristallino per la sua purezza, caldo per il clima isolano, spiagge ampie e assolate la cui sabbia soffice si estende per chilometri non sottraendosi all’incontro con voluttuosi scogli assai graditi alla fauna ittica. L'arenile più prossimo al borgo è la spiaggia piccola, che rimane chiusa ad occidente da alcuni grossi scogli. Ha una lunghezza di quasi 250 metri, mentre la sua prfondità tocca nel punto più ampio circa 35 metri di lunghezza. Poi ancora più ad ovest, in direzione di Cefalù, trovate la spiaggia grande, con un fronte ondulato di oltre 1,5 km, con il primo tratto dotato di una superficie maggiore di sabbie. I fondali, qui, sono infatti un autentico spettacolo di colori, paradiso per gli appassionati di subacquea e dell’oramai diffusa pratica dello snorkeling (l’osservazione in apnea di pesci, alghe e piante). Chi poi intende esimersi dal mettere i piedi a bagno, si proietta nell’afflato suadente della campagna, luogo ideale per lunghe passeggiate, gite a cavallo, esplorazioni boschive ed escursionismo insistito fra sentieri, mulattiere e trazzere. Ci vuole altro per convincervi?

Offerta gastronomica

La tradizione gastronomica siciliana è sicuramente tra le più importanti e ricche d'Italia, in quanto frutto di influenze di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia nel corso dei millenni. È una cucina complessa e densa di sapori mediterranei, racchiusi in un equilibrio unico tra terra e mare. Nelle varie zone della Sicilia è naturale scoprire prodotti tipici siciliani sempre diversi e strettamente legati al territorio, i quali inevitabilmente trasformano un qualsiasi itinerario culturale e turistico in un prelibato percorso enogastronomico. Non sarebbe perdonabile lasciare la Sicilia senza aver gustato almeno la metà delle principali specialità culinarie dell'isola: Cannolo Considerato il re della pasticceria siciliana, il cannolo vanta molti secoli di storia e consiste in una cialda di pasta fritta arrotolata e ripiena di ricotta fresca. A seconda della zona in cui ci si trova la farcitura esterna può essere arricchita da scorza di arancia candita, granella di pistacchio, gocce di cioccolato; oppure il ripieno può contenere crema di cioccolato anziché la ricotta. Il cannolo inizialmente veniva preparato in occasione del carnevale, ma la sua ineguagliabile bontà ha permesso una diffusione più ampia, diventando così un rinomato esempio dell'arte pasticcera siciliana ed italiana nel mondo. Cassata Se il cannolo è il re della pasticceria siciliana la cassata è sicuramente la regina. L'antica ricetta consiste in una torta a base di ricotta fresca di pecora, pan di Spagna, pasta di mandorle (detta anche pasta reale), glassa di zucchero e decorazioni di frutta candita; quest'ultime donano una vista regale e fanno di questo dolce di origini palermitane un vero trionfo per la gola. Per questo dolce tipico siciliano non mancano le varianti locali ed esiste anche la versione monoporzione: la cassatina. Arancina Un altro simbolo della gastronomia sicula è l'arancino, comunemente chiamato arancina se ci troviamo nella parte occidentale dell'isola. Tipica espressione della rosticceria siciliana l'arancino è un cono o una sfera di riso farcito, impanato e fritto. I gusti classici sono al ragù di carne ed al burro, ma esistono numerosi varianti come "alla Norma" e persino al cioccolato. Le sue origini sono molto discusse e le varie città dell'isola si contendono la paternità; tuttavia l'arancino, ovunque in Sicilia, è una irrinunciabile prelibatezza da gustare a qualsiasi ora della giornata. Granita La granita è la tipica colazione dei siciliani sin da tempi remoti, soprattutto nei mesi caldi delle zone costiere. Utilizzata anche come spuntino pomeridiano la granita siciliana consiste in un liquido semi-congelato granuloso a base di acqua, zucchero ed estratto dell'ingrediente principale (limone, pistacchio, caffè, ecc...). Viene degustata quasi sempre insieme alla classica brioscia con tuppo, preparata con pasta lievitata all'uovo. I gusti più gettonati della granita siciliana sono: limone, caffè con panna, pistacchio, fragola, mandorla, cioccolato, pesca, gelsomino e gelso nero. Pasta alla Norma Fra le più gustose specialità siciliane non potevano mancare i primi piatti, tra cui la popolare pasta alla Norma che è caratterizzata da sapori tipicamente mediterranei: preparata con maccheroni o vari tipi di pasta corta è condita con pomodoro, melanzane fritte, ricotta salata e basilico. Originaria di Catania la pasta ca' Norma deve il suo nome al commediografo Nino Martoglio che, per la sua bontà, la paragonò alla celebre opera teatrale di Vincenzo Bellini. Panelle e Crocchè È d'obbligo menzionare il cibo da strada della cucina palermitana, lo street food ai primi posti della speciale classifica mondiale stilata da Forbes, il cui simbolo è rappresentato dalle panelle accompagnate con il pane. Le panelle sono preparate con farina di ceci, acqua, prezzemolo e sale; la pastella ottenuta viene poi tagliata e fritta. 'U pani chi Panelli è un delizioso spuntino spesso abbinato alle crocchè (dette anche cazzilli), le quali consistono in crocchette di patate, pepe e prezzemolo. Con le sue decine di varianti la caponata siciliana è una pietanza intrisa di sapori mediterranei dal gusto agrodolce, utilizzata sia come contorno che come piatto unico accompagnato dal pane. Caponata Gli ingredienti comuni alle principali ricette, che cambiano in base alle usanze locali dell'isola, sono: melanzane fritte, pomodoro, capperi, olive, sedano, cipolla, sale, aceto e zucchero. La caponata rappresenta il tipico "piatto povero" dal gusto ricco e saporito, che si consuma soprattutto nei mesi estivi quando la melanzana arriva alla sua perfetta maturazione. Pasta con le Sarde Un altro importante primo piatto siciliano è la pasta con le sarde, di origini palermitane e con numerose varianti. La più classica delle ricette prevede l'accostamento di pasta lunga (bucatini o maccheroni) con sarde fresche, finocchietto selvatico, uva passa, pinoli, cipolla, zafferano, olio, sale e pepe. Dalle note agrodolci, la pasta con le sarde è un sapiente mix di sapori di terra con inebrianti profumi di mare. Cous Cous Un alimento tipico della Sicilia occidentale e del Nord Africa è il cous cous, cucinato soprattutto nel trapanese dove nel dialetto locale viene chiamato cùscusu. Si prepara "incocciando" la semola di grano duro, che viene poi cotta a vapore in una particolare pentola forata di terracotta smaltata, ed accostata a vari condimenti ottenendo così il cous cous di pesce oppure il cous cous di verdure. Per le sue radici multiculturali viene celebrato anche come Piatto della Pace. Frittella La frittella siciliana ha tutti i colori e i sapori della primavera, un contorno sempre presente nella gastronomia sopratutto palermitana. Fave, piselli e carciofi, prodotti di stragione freschi e salutari uniti dall’agrodolce, nota tipica di questa pietanza amatissima da tutti. Di antica tradizione la frittella è un piatto tramandato dalle nonne di generazione in generazione. Pietanza da “credenza“, più riposa più buona è! Nonostante il suo nome, non ha nulla a che fare con il ‘fritto’, vedremo adesso come prepararla e come conservarla.
19 現地メンバーのおすすめ
Sicily
19 現地メンバーのおすすめ
La tradizione gastronomica siciliana è sicuramente tra le più importanti e ricche d'Italia, in quanto frutto di influenze di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia nel corso dei millenni. È una cucina complessa e densa di sapori mediterranei, racchiusi in un equilibrio unico tra terra e mare. Nelle varie zone della Sicilia è naturale scoprire prodotti tipici siciliani sempre diversi e strettamente legati al territorio, i quali inevitabilmente trasformano un qualsiasi itinerario culturale e turistico in un prelibato percorso enogastronomico. Non sarebbe perdonabile lasciare la Sicilia senza aver gustato almeno la metà delle principali specialità culinarie dell'isola: Cannolo Considerato il re della pasticceria siciliana, il cannolo vanta molti secoli di storia e consiste in una cialda di pasta fritta arrotolata e ripiena di ricotta fresca. A seconda della zona in cui ci si trova la farcitura esterna può essere arricchita da scorza di arancia candita, granella di pistacchio, gocce di cioccolato; oppure il ripieno può contenere crema di cioccolato anziché la ricotta. Il cannolo inizialmente veniva preparato in occasione del carnevale, ma la sua ineguagliabile bontà ha permesso una diffusione più ampia, diventando così un rinomato esempio dell'arte pasticcera siciliana ed italiana nel mondo. Cassata Se il cannolo è il re della pasticceria siciliana la cassata è sicuramente la regina. L'antica ricetta consiste in una torta a base di ricotta fresca di pecora, pan di Spagna, pasta di mandorle (detta anche pasta reale), glassa di zucchero e decorazioni di frutta candita; quest'ultime donano una vista regale e fanno di questo dolce di origini palermitane un vero trionfo per la gola. Per questo dolce tipico siciliano non mancano le varianti locali ed esiste anche la versione monoporzione: la cassatina. Arancina Un altro simbolo della gastronomia sicula è l'arancino, comunemente chiamato arancina se ci troviamo nella parte occidentale dell'isola. Tipica espressione della rosticceria siciliana l'arancino è un cono o una sfera di riso farcito, impanato e fritto. I gusti classici sono al ragù di carne ed al burro, ma esistono numerosi varianti come "alla Norma" e persino al cioccolato. Le sue origini sono molto discusse e le varie città dell'isola si contendono la paternità; tuttavia l'arancino, ovunque in Sicilia, è una irrinunciabile prelibatezza da gustare a qualsiasi ora della giornata. Granita La granita è la tipica colazione dei siciliani sin da tempi remoti, soprattutto nei mesi caldi delle zone costiere. Utilizzata anche come spuntino pomeridiano la granita siciliana consiste in un liquido semi-congelato granuloso a base di acqua, zucchero ed estratto dell'ingrediente principale (limone, pistacchio, caffè, ecc...). Viene degustata quasi sempre insieme alla classica brioscia con tuppo, preparata con pasta lievitata all'uovo. I gusti più gettonati della granita siciliana sono: limone, caffè con panna, pistacchio, fragola, mandorla, cioccolato, pesca, gelsomino e gelso nero. Pasta alla Norma Fra le più gustose specialità siciliane non potevano mancare i primi piatti, tra cui la popolare pasta alla Norma che è caratterizzata da sapori tipicamente mediterranei: preparata con maccheroni o vari tipi di pasta corta è condita con pomodoro, melanzane fritte, ricotta salata e basilico. Originaria di Catania la pasta ca' Norma deve il suo nome al commediografo Nino Martoglio che, per la sua bontà, la paragonò alla celebre opera teatrale di Vincenzo Bellini. Panelle e Crocchè È d'obbligo menzionare il cibo da strada della cucina palermitana, lo street food ai primi posti della speciale classifica mondiale stilata da Forbes, il cui simbolo è rappresentato dalle panelle accompagnate con il pane. Le panelle sono preparate con farina di ceci, acqua, prezzemolo e sale; la pastella ottenuta viene poi tagliata e fritta. 'U pani chi Panelli è un delizioso spuntino spesso abbinato alle crocchè (dette anche cazzilli), le quali consistono in crocchette di patate, pepe e prezzemolo. Con le sue decine di varianti la caponata siciliana è una pietanza intrisa di sapori mediterranei dal gusto agrodolce, utilizzata sia come contorno che come piatto unico accompagnato dal pane. Caponata Gli ingredienti comuni alle principali ricette, che cambiano in base alle usanze locali dell'isola, sono: melanzane fritte, pomodoro, capperi, olive, sedano, cipolla, sale, aceto e zucchero. La caponata rappresenta il tipico "piatto povero" dal gusto ricco e saporito, che si consuma soprattutto nei mesi estivi quando la melanzana arriva alla sua perfetta maturazione. Pasta con le Sarde Un altro importante primo piatto siciliano è la pasta con le sarde, di origini palermitane e con numerose varianti. La più classica delle ricette prevede l'accostamento di pasta lunga (bucatini o maccheroni) con sarde fresche, finocchietto selvatico, uva passa, pinoli, cipolla, zafferano, olio, sale e pepe. Dalle note agrodolci, la pasta con le sarde è un sapiente mix di sapori di terra con inebrianti profumi di mare. Cous Cous Un alimento tipico della Sicilia occidentale e del Nord Africa è il cous cous, cucinato soprattutto nel trapanese dove nel dialetto locale viene chiamato cùscusu. Si prepara "incocciando" la semola di grano duro, che viene poi cotta a vapore in una particolare pentola forata di terracotta smaltata, ed accostata a vari condimenti ottenendo così il cous cous di pesce oppure il cous cous di verdure. Per le sue radici multiculturali viene celebrato anche come Piatto della Pace. Frittella La frittella siciliana ha tutti i colori e i sapori della primavera, un contorno sempre presente nella gastronomia sopratutto palermitana. Fave, piselli e carciofi, prodotti di stragione freschi e salutari uniti dall’agrodolce, nota tipica di questa pietanza amatissima da tutti. Di antica tradizione la frittella è un piatto tramandato dalle nonne di generazione in generazione. Pietanza da “credenza“, più riposa più buona è! Nonostante il suo nome, non ha nulla a che fare con il ‘fritto’, vedremo adesso come prepararla e come conservarla.

Rafting

Piante endemiche, fitti boschi, ampi prati, panoramiche alpestri, cime innevate per diversi mesi dell'anno: sono queste le immagini che vengono immediatamente in mente quando si parla delle Madonie. Raramente si pensa a luoghi con abbondante acqua, perché in effetti fiumi e laghi sono totalmente assenti in gran parte del massiccio montuoso, soprattutto nell'area centrale dove la natura calcarea del suolo fa sì che l'acqua delle piogge e della neve appena sciolta, piuttosto che scorrere in superficie, si infiltra velocemente nel sottosuolo dando poi origine a fiumi sotterranei. Eppure in una profonda valle al confine tra Castelbuono e San Mauro Castelverde, nelle Madonie orientali, si nasconde un luogo di incantevole bellezza dove la protagonista è proprio l'acqua, insieme alla roccia. Qui le acque del fiume Pollina, impetuose durante i mesi invernali, nel corso di milioni di anni hanno eroso e modellato un affioramento di calcari mesozoici creando uno degli ambienti più affascinanti e suggestivi della Sicilia. Si tratta di un piccolo canyon da sempre identificato, localmente, con il nome di “Mirìcu” e più in generale oggi noto con il nome di Gole di Tiberio, dal nome delle vicine Case di Tiberio, un piccolo borgo rurale oggi quasi del tutto abbandonato. Le gole, una sorte di stretto cunicolo che si incunea nella terra, sono lunghe circa 200 metri ed hanno pareti alte fino a 15 – 20 metri. Queste a volte pendono verso l'interno come a volersi ricongiungere verso l'estremità superiore formando così ambienti molto scenografici. Attraversarli, scivolando dolcemente con un piccolo canotto sulle tranquille acque che l'attraversano, è un vero spettacolo perché, nonostante il loro modesto sviluppo, regalano scorci sempre nuovi e spettacolari: c'è quando le opposte pareti si restringono a tal punto da far pensare di poterle toccare semplicemente allargando le braccia; quando si allontanano permettendo alla luce del sole di colpire l'acqua e creare fantasiosi riflessi; ma anche quando un particolare effetto ottico dà l'impressione che le pareti di fronte si chiudono impedendo di andare avanti, salvo poi veder apparire, pian piano, mentre si continua a scivolare sull'acqua, un piccolo spiraglio di luce che si fa sempre più grande portando fuori dal piccolo canyon. Dentro le gole l'acqua è abbastanza alta, raggiunge in certi punti anche i 5-6 metri di profondità e tutte le pareti sono abbastanza levigate e privi di appigli. Questo deve far riflettere quanti pensano di attraversarle a nuoto, perché le pesanti acque del fiume affaticano molto e il percorso non offre possibilità per riposarsi. Se proprio si ha voglia di una nuotata meglio fare qualche metro all'inizio delle gole per poi ritornare indietro e attraversarle con un piccolo canotto, godendosi così tutto lo spettacolo in tranquillità. Oltre ai giochi di luce, spettacolari nella tarda mattinata, ai caratteristici colori dell'acqua, dovuti alla presenza di particolari piante acquatiche, alle piccole cavità che si aprono tra le pareti, alcune facilmente accessibili all'inizio del percorso, e ad un grande masso sospeso tra le alte pareti, a catturare l'attenzione sono i numerosi uccelli che nidificano in ogni buco o sporgenza, le anguille che guizzano nell'acqua - indiscutibile indicatore di acqua pulita - e poi ancora i granchi di fiume, scomparsi da tanti altri corsi d'acqua, i fossili di gasteropodi, risalenti a circa 150 milioni di anni fa. Le Gole di TiberioAlle suggestioni naturalistiche e paesaggistiche se ne aggiungono altre di tipo storico culturale. Si racconta che il masso sospeso venisse utilizzato dai briganti che dovevano attraversare il fiume Pollina durante i mesi di piena, per spostarsi facilmente dal territorio di San Mauro Castelverde a quello di Castelbuono e ancora che in una delle grotte che si aprono tra le gole si nasconde il tesoro dei briganti maurini. Secondo una leggenda le acque delle gole sarebbero collegate direttamente con il mare ed infatti tutto ciò che viene trasportato dal fiume fin qui dentro viene inghiottito salvo poi ritrovarlo in mare. Altra leggenda vuole che tra le alti pareti delle Gole di Tiberio di tanto in tanto si materializzi un temibile e orrendo mostro che emette paurosi suoni e inghiotte interi animali anche di grosse dimensioni come mucche e pecore. Leggende e racconti a parte le gole sono un vero spettacolo della natura inserite in un più ampio contesto paesaggistico dal fascino singolare: a monte e a valle il letto del fiume Pollina regala piacevoli scorci con suggestive cascatelle e piccole piscine naturali, il tutto vivacizzato, in primavera, dai vivaci colori dei fiori di oleandro; tutt'attorno una lussureggiante e selvaggia vegetazione formata da olivastro, lentisco, euforbia arborescente, pioppo, tamerice, solo di tanto in tanto interrotta da appezzamenti di uliveti e agrumeti. Una valle dalla bellezza primordiale dove regnano i suoni della natura: lo scroscio dell'acqua che scorre tra i massi levigati, il canto melodioso di diversi passeriformi, il volo improvviso e tumultuoso degli uccelli allarmati dalla presenza dell'uomo, il fruscio delle fronde degli arbusti mossi da una leggera brezza che si incunea tra le gole. Un ambiente selvaggio consigliato a quanti amano la natura incontaminata e hanno voglia di trascorrere qualche ora o un'intera giornata lontani dal caos dei grandi centri abitati.
38 現地メンバーのおすすめ
ティベリウス峡谷
Contrada Tiberio
38 現地メンバーのおすすめ
Piante endemiche, fitti boschi, ampi prati, panoramiche alpestri, cime innevate per diversi mesi dell'anno: sono queste le immagini che vengono immediatamente in mente quando si parla delle Madonie. Raramente si pensa a luoghi con abbondante acqua, perché in effetti fiumi e laghi sono totalmente assenti in gran parte del massiccio montuoso, soprattutto nell'area centrale dove la natura calcarea del suolo fa sì che l'acqua delle piogge e della neve appena sciolta, piuttosto che scorrere in superficie, si infiltra velocemente nel sottosuolo dando poi origine a fiumi sotterranei. Eppure in una profonda valle al confine tra Castelbuono e San Mauro Castelverde, nelle Madonie orientali, si nasconde un luogo di incantevole bellezza dove la protagonista è proprio l'acqua, insieme alla roccia. Qui le acque del fiume Pollina, impetuose durante i mesi invernali, nel corso di milioni di anni hanno eroso e modellato un affioramento di calcari mesozoici creando uno degli ambienti più affascinanti e suggestivi della Sicilia. Si tratta di un piccolo canyon da sempre identificato, localmente, con il nome di “Mirìcu” e più in generale oggi noto con il nome di Gole di Tiberio, dal nome delle vicine Case di Tiberio, un piccolo borgo rurale oggi quasi del tutto abbandonato. Le gole, una sorte di stretto cunicolo che si incunea nella terra, sono lunghe circa 200 metri ed hanno pareti alte fino a 15 – 20 metri. Queste a volte pendono verso l'interno come a volersi ricongiungere verso l'estremità superiore formando così ambienti molto scenografici. Attraversarli, scivolando dolcemente con un piccolo canotto sulle tranquille acque che l'attraversano, è un vero spettacolo perché, nonostante il loro modesto sviluppo, regalano scorci sempre nuovi e spettacolari: c'è quando le opposte pareti si restringono a tal punto da far pensare di poterle toccare semplicemente allargando le braccia; quando si allontanano permettendo alla luce del sole di colpire l'acqua e creare fantasiosi riflessi; ma anche quando un particolare effetto ottico dà l'impressione che le pareti di fronte si chiudono impedendo di andare avanti, salvo poi veder apparire, pian piano, mentre si continua a scivolare sull'acqua, un piccolo spiraglio di luce che si fa sempre più grande portando fuori dal piccolo canyon. Dentro le gole l'acqua è abbastanza alta, raggiunge in certi punti anche i 5-6 metri di profondità e tutte le pareti sono abbastanza levigate e privi di appigli. Questo deve far riflettere quanti pensano di attraversarle a nuoto, perché le pesanti acque del fiume affaticano molto e il percorso non offre possibilità per riposarsi. Se proprio si ha voglia di una nuotata meglio fare qualche metro all'inizio delle gole per poi ritornare indietro e attraversarle con un piccolo canotto, godendosi così tutto lo spettacolo in tranquillità. Oltre ai giochi di luce, spettacolari nella tarda mattinata, ai caratteristici colori dell'acqua, dovuti alla presenza di particolari piante acquatiche, alle piccole cavità che si aprono tra le pareti, alcune facilmente accessibili all'inizio del percorso, e ad un grande masso sospeso tra le alte pareti, a catturare l'attenzione sono i numerosi uccelli che nidificano in ogni buco o sporgenza, le anguille che guizzano nell'acqua - indiscutibile indicatore di acqua pulita - e poi ancora i granchi di fiume, scomparsi da tanti altri corsi d'acqua, i fossili di gasteropodi, risalenti a circa 150 milioni di anni fa. Le Gole di TiberioAlle suggestioni naturalistiche e paesaggistiche se ne aggiungono altre di tipo storico culturale. Si racconta che il masso sospeso venisse utilizzato dai briganti che dovevano attraversare il fiume Pollina durante i mesi di piena, per spostarsi facilmente dal territorio di San Mauro Castelverde a quello di Castelbuono e ancora che in una delle grotte che si aprono tra le gole si nasconde il tesoro dei briganti maurini. Secondo una leggenda le acque delle gole sarebbero collegate direttamente con il mare ed infatti tutto ciò che viene trasportato dal fiume fin qui dentro viene inghiottito salvo poi ritrovarlo in mare. Altra leggenda vuole che tra le alti pareti delle Gole di Tiberio di tanto in tanto si materializzi un temibile e orrendo mostro che emette paurosi suoni e inghiotte interi animali anche di grosse dimensioni come mucche e pecore. Leggende e racconti a parte le gole sono un vero spettacolo della natura inserite in un più ampio contesto paesaggistico dal fascino singolare: a monte e a valle il letto del fiume Pollina regala piacevoli scorci con suggestive cascatelle e piccole piscine naturali, il tutto vivacizzato, in primavera, dai vivaci colori dei fiori di oleandro; tutt'attorno una lussureggiante e selvaggia vegetazione formata da olivastro, lentisco, euforbia arborescente, pioppo, tamerice, solo di tanto in tanto interrotta da appezzamenti di uliveti e agrumeti. Una valle dalla bellezza primordiale dove regnano i suoni della natura: lo scroscio dell'acqua che scorre tra i massi levigati, il canto melodioso di diversi passeriformi, il volo improvviso e tumultuoso degli uccelli allarmati dalla presenza dell'uomo, il fruscio delle fronde degli arbusti mossi da una leggera brezza che si incunea tra le gole. Un ambiente selvaggio consigliato a quanti amano la natura incontaminata e hanno voglia di trascorrere qualche ora o un'intera giornata lontani dal caos dei grandi centri abitati.

Yoga nel bosco

I nostri alloggi sono ideali per gli amanti della natura, ci troviamo all'interno del Parco delle Madonie in un bosco esteso su una superficie di circa 20 ettari, a un’altitudine di circa 300 metri sul livello del mare, il bosco di Guarneri si sviluppa al di sopra di Sant’Ambrogio, località del Comune di Cefalù. Bosco di lecci sempreverdi misti a sughero, Guarneri è riserva naturale integrale del Parco delle Madonie, ed è tutto ciò che resta della vasta area di macchia mediterranea che un tempo ricopriva l’intera litoranea del borgo. Oggi, gli arbusti e gli alberi che compongono il bosco Guarneri sono in prevalenza eriche arboree, querce da sughero, corbezzoli, peri selvatici, lentischi e frassini da manna. La riserva naturale è completamente protetta da recinzioni, e nella parte alta è dominata da una pittoresca serra di quarzarenite, che offre alla vista uno splendido spettacolo di luci e colori grazie ai licheni dalle tinte cangianti che si formano sopra le pietre. Agevolmente raggiungibile dal bosco, la serra Guarneri permette quindi ai visitatori di ammirare da una parte l’intera area boscosa che si spinge fino al mare, la famosa Rocca – ovvero la rupe che sormonta Cefalù plasmandone il caratteristico profilo –, nonché addirittura le sagome di Alicudi e Filicudi – le isole Eolie più vicine alla costa cefaludese – e nelle giornate più limpide perfino il contorno di Salina; dall’altra parte della serra, invece, è possibile contemplare Pizzo Carbonara – che con i suoi 1979 metri s.l.m. è la vetta più alta delle Madonie e la seconda dell’intera Sicilia dopo l’Etna –, e Pollina, delizioso paesino delle Madonie abbarbicato su una montagna e noto per il suo caratteristico teatro all’aperto. Nei primi anni Novanta, all’interno del bosco Guarneri sono stati concepiti tre sentieri differenti, ognuno dei quali offre ai visitatori un modo diverso di approcciarsi al bosco. I sentieri che attraversano il bosco sono comunque tutti di difficoltà medio-bassa, e si prestano quindi a essere battuti da qualsiasi tipologia di visitatore, dai passeggiatori occasionali agli escursionisti più allenati ed esperti. L’elevato livello di biodiversità del parco naturale, inoltre, consente svariate possibilità di attività che ruotano intorno all’educazione ambientale, come quello dello yoga nel bosco. Forse conosci già lo yoga (e magari lo pratichi anche). Quello che, però, potresti non conoscere, è lo Shinrin Yoku, o bagno nella foresta. Si tratta di una disciplina antichissima che in Giappone è addirittura prescritta dal Sistema Sanitario Nazionale. Ce lo spiega bene Bettina Lemke nel suo Piccolo Manuale dello Shinrin Yoku, un libro ricco di spunti e consigli pratici per trasformare una passeggiata nel bosco in un vero e proprio rito rigenerante. La natura, infatti, permette al nostro organismo di rilassarsi, aumenta l’ottimismo e le emozioni positive e, ormai lo dice anche la scienza, innalza le nostre difese immunitarie. La Scienza e lo Shinrin Yoku Diversi studi scientifici hanno ormai dimostrato che gli alberi rilasciano particolari sostanze (i fitoncidi) per proteggersi dai parassiti. La cosa interessante è che, queste molecole, per noi esseri umani hanno effetti terapeutici e stimolano le difese dell'organismo. Inoltre, l'aria all'interno di un bosco è più fresca e ricca di ossigeno e contribuisce a farci respirare meglio anche dopo che siamo usciti dalla 'macchia verde'. Infine, le ricerche confermano anche un sostanziale abbassamento della pressione arteriosa dovuto all'attività del cammino e alla permanenza nel bosco. E le scoperte sono ancora soltanto all'inizio. Dal Giappone questa 'terapia dei boschi' si sta diffondendo anche negli Stati Uniti e in Europa. Oltre al fatto di essere un'attività benefica, è anche chiaro come sia un pratica altamente sostenibile e alla portata di tutti. Ma quali sono le caratteristiche che deve rispettare il 'bagno nella foresta' per essere il più efficace possibile? La Meditazione nel bosco Lo scopo dello Shinrin Yoku è rendere la passeggiata nei boschi una sorta di 'meditazione'. Affinché questo sia possibile, è necessario seguire alcuni istruzioni semplici ma, allo stesso tempo, molto efficaci. 1. Vestiti in modo comodo Per godere appieno del movimento del tuo corpo, devi sentirti 'libero' di sperimentare i movimenti in tutta la loro ampiezza. Un abbigliamento troppo aderente potrebbe limitarti e non farti sentire a tuo agio. 2. Fai un Digital Detox Non puoi immergerti completamente nella natura se tieni acceso lo smartphone, ricevi notifiche e non riesci a resistere alla tentazione di rispondere a quel messaggio su whatsapp. Per il tempo che hai deciso di dedicare a quest'attività (l'ideale è che lo shinrin yoku duri 2 o 3 ore ma, se non puoi impegnare tutto questo tempo, anche 1 ora o mezz'ora saranno perfetti), renditi irreperibile e lascia spento il telefono. 3. Lascia andare i pensieri negativi Mentre ti immergi nel bosco, senti pensieri negativi e preoccupazioni che, a poco a poco, lasciano la tua mente. Immagina di 'affidarli' al bosco e sentiti sempre più leggero mentre ti addentri nella natura con la mente più libera e fresca. 4. Rilassa il corpo Presta attenzione alla postura mentre cammini nel bosco. Come sono le tue spalle? E la nuca? La mascella è serrata o rilassata? Cerca di rilasciare tutte le tensioni. Il solo fatto di accorgerti delle 'contratture' ti aiuterà a lasciarle andare. 5. Attiva i tuoi sensi Prova a praticare una vera e propria meditazione di consapevolezza. Attiva i tuoi sensi e 'sintonizzati' su tutto quello che è intorno a te. Cosa sentono le tue orecchie? Quali profumi ci sono nell'aria? Quali sono i colori dominanti che riempiono i tuoi occhi? Non serve sforzarsi più di tanto, occorre solo avere l'intenzione di essere più ricettivi nei confronti dell'ambiente che ci circonda per trarne enormi vantaggi. 6. Prova la 'Meditazione Camminata' La Meditazione Camminata è una delle pratiche buddiste più famose ed è stata ripresa in Occidente anche dai protocolli di Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, ad esempio. Si tratta di scegliere un piccolo tratto di strada, (in mezzo alla natura, come nello Shinrin Yoku, è l'ideale) e percorrerlo diverse volte avanti e indietro senza preoccuparsi del punto di arrivo ma concentrandosi soltanto sulle sensazioni e i movimenti del corpo. Se non vuoi percorrere lo stesso tratto di strada più volte, puoi inserire una variante e praticare la meditazione camminata all'interno della tua passeggiata nei boschi. Prima ancora di concentrarti sui movimenti dei tuoi piedi e delle tue gambe mentre cammini, nota l'intenzione della mente di compiere un passo, osserva come la mente 'vuole' un punto da raggiungere a tutti i costi, oppure si distrae ecc. Ogni volta che noti tutto questo, ritorna al momento presente. Senti la pianta del piede che appoggia a terra, poi senti l'altro piede che si alza a poco a poco e così via. Per rendere ancora più efficace l'esercizio, se vuoi e puoi, togliti le scarpe. Senti l'erba o il terriccio sotto i tuoi piedi. Ti aiuterà a riconnetterti ancora di più con il tuo corpo e con la natura. La meditazione camminata è da svolgere con lentezza, ma ognuno di noi ha il proprio ritmo. Divertiti a sperimentare e a trovare il tuo. Yoga nel bosco Un altro modo per godere appieno dei benefici del contatto con la natura e del 'bagno nella foresta' è la pratica dello yoga. Se già di per sé lo yoga aiuta a rilassare mente e corpo e ci permette di essere più 'centrati' ed in armonia, il fatto di praticarlo tra gli alberi con il loro effetto positivo sul sistema nervoso ed immunitario amplifica il raggiungimento del benessere. Comincia così. La posizione dell'albero Scegli un posto tranquillo all'interno del bosco in cui non in cui ti senti sicuro e in cui non avere troppi disturbi dall'esterno. Avvicinati ad un albero che ti piace particolarmente. Scegline uno che abbia caratteristiche che ti 'ispirano' e che senti di voler rafforzare in te stesso. Ad esempio, puoi avvicinarti ad un albero forte, alto, robusto, con grandi radici o, al contrario, ad un arbusto leggero, con la capacità di piegarsi al vento senza spezzarsi. Qualsiasi sia l'albero che sceglierai, connettiti con l'intenzione di lasciarti ispirare da questo elemento naturale così forte e potente. Assumi la posizione dell'albero. Si tratta di una posizione cosiddetta 'di equilibrio', che connette alla terra e favorisce concentrazione, determinazione e armonia interiore. Inizia a metterti in piedi, in posizione eretta, a gambe unite. Poi distendi le braccia di lato, respira in modo profondo e regolare. Ora sposta il peso sulla gamba destra e solleva leggermente la sinistra. Una volta trovato l’equilibrio in questa posizione, ruota con cautela il ginocchio sinistro verso l’esterno e porta il piede sinistro sul lato interno della coscia destra. Congiungi i palmi delle mani davanti al petto ed estendi le braccia verso l'alto. Resta in questa posizione per 15 secondi circa, poi ritorna nella posizione di partenza ed esegui lo stesso esercizio sull'altro lato. Mentre esegui l'asana (posizione dello yoga), presta attenzione alle sensazioni del corpo ma anche ai pensieri che attraversano la tua mente e le emozioni del tuo cuore. Sentiti connesso alla terra e all'albero che hai scelto e lascia crescere la loro energia dentro di te. La pratica dello yoga nella natura Questa è solo una delle posizioni consigliate per praticare yoga nella natura. In realtà, essere immersi nel verde, nella calma e nella bellezza di un bosco è la cornice ideale per qualsiasi tipo di asana. Prova tu stesso a sperimentare i movimenti del corpo e il fluire dell'energia all'aria aperta. Sentirai la differenza rispetto alla pratica in una stanza chiusa. Al termine di qualsiasi pratica yoga, ricordati di inserire una breve meditazione. (Scopri 10 consigli per imparare a meditare!) Riconnettiti con il respiro e 'ringrazia' mentalmente il luogo che ti circonda per averti 'accolto'. Amplificherai gli effetti positivi della pratica e non vedrai l'ora di sperimentarla di nuovo.
Belvedere Serra Guarneri
I nostri alloggi sono ideali per gli amanti della natura, ci troviamo all'interno del Parco delle Madonie in un bosco esteso su una superficie di circa 20 ettari, a un’altitudine di circa 300 metri sul livello del mare, il bosco di Guarneri si sviluppa al di sopra di Sant’Ambrogio, località del Comune di Cefalù. Bosco di lecci sempreverdi misti a sughero, Guarneri è riserva naturale integrale del Parco delle Madonie, ed è tutto ciò che resta della vasta area di macchia mediterranea che un tempo ricopriva l’intera litoranea del borgo. Oggi, gli arbusti e gli alberi che compongono il bosco Guarneri sono in prevalenza eriche arboree, querce da sughero, corbezzoli, peri selvatici, lentischi e frassini da manna. La riserva naturale è completamente protetta da recinzioni, e nella parte alta è dominata da una pittoresca serra di quarzarenite, che offre alla vista uno splendido spettacolo di luci e colori grazie ai licheni dalle tinte cangianti che si formano sopra le pietre. Agevolmente raggiungibile dal bosco, la serra Guarneri permette quindi ai visitatori di ammirare da una parte l’intera area boscosa che si spinge fino al mare, la famosa Rocca – ovvero la rupe che sormonta Cefalù plasmandone il caratteristico profilo –, nonché addirittura le sagome di Alicudi e Filicudi – le isole Eolie più vicine alla costa cefaludese – e nelle giornate più limpide perfino il contorno di Salina; dall’altra parte della serra, invece, è possibile contemplare Pizzo Carbonara – che con i suoi 1979 metri s.l.m. è la vetta più alta delle Madonie e la seconda dell’intera Sicilia dopo l’Etna –, e Pollina, delizioso paesino delle Madonie abbarbicato su una montagna e noto per il suo caratteristico teatro all’aperto. Nei primi anni Novanta, all’interno del bosco Guarneri sono stati concepiti tre sentieri differenti, ognuno dei quali offre ai visitatori un modo diverso di approcciarsi al bosco. I sentieri che attraversano il bosco sono comunque tutti di difficoltà medio-bassa, e si prestano quindi a essere battuti da qualsiasi tipologia di visitatore, dai passeggiatori occasionali agli escursionisti più allenati ed esperti. L’elevato livello di biodiversità del parco naturale, inoltre, consente svariate possibilità di attività che ruotano intorno all’educazione ambientale, come quello dello yoga nel bosco. Forse conosci già lo yoga (e magari lo pratichi anche). Quello che, però, potresti non conoscere, è lo Shinrin Yoku, o bagno nella foresta. Si tratta di una disciplina antichissima che in Giappone è addirittura prescritta dal Sistema Sanitario Nazionale. Ce lo spiega bene Bettina Lemke nel suo Piccolo Manuale dello Shinrin Yoku, un libro ricco di spunti e consigli pratici per trasformare una passeggiata nel bosco in un vero e proprio rito rigenerante. La natura, infatti, permette al nostro organismo di rilassarsi, aumenta l’ottimismo e le emozioni positive e, ormai lo dice anche la scienza, innalza le nostre difese immunitarie. La Scienza e lo Shinrin Yoku Diversi studi scientifici hanno ormai dimostrato che gli alberi rilasciano particolari sostanze (i fitoncidi) per proteggersi dai parassiti. La cosa interessante è che, queste molecole, per noi esseri umani hanno effetti terapeutici e stimolano le difese dell'organismo. Inoltre, l'aria all'interno di un bosco è più fresca e ricca di ossigeno e contribuisce a farci respirare meglio anche dopo che siamo usciti dalla 'macchia verde'. Infine, le ricerche confermano anche un sostanziale abbassamento della pressione arteriosa dovuto all'attività del cammino e alla permanenza nel bosco. E le scoperte sono ancora soltanto all'inizio. Dal Giappone questa 'terapia dei boschi' si sta diffondendo anche negli Stati Uniti e in Europa. Oltre al fatto di essere un'attività benefica, è anche chiaro come sia un pratica altamente sostenibile e alla portata di tutti. Ma quali sono le caratteristiche che deve rispettare il 'bagno nella foresta' per essere il più efficace possibile? La Meditazione nel bosco Lo scopo dello Shinrin Yoku è rendere la passeggiata nei boschi una sorta di 'meditazione'. Affinché questo sia possibile, è necessario seguire alcuni istruzioni semplici ma, allo stesso tempo, molto efficaci. 1. Vestiti in modo comodo Per godere appieno del movimento del tuo corpo, devi sentirti 'libero' di sperimentare i movimenti in tutta la loro ampiezza. Un abbigliamento troppo aderente potrebbe limitarti e non farti sentire a tuo agio. 2. Fai un Digital Detox Non puoi immergerti completamente nella natura se tieni acceso lo smartphone, ricevi notifiche e non riesci a resistere alla tentazione di rispondere a quel messaggio su whatsapp. Per il tempo che hai deciso di dedicare a quest'attività (l'ideale è che lo shinrin yoku duri 2 o 3 ore ma, se non puoi impegnare tutto questo tempo, anche 1 ora o mezz'ora saranno perfetti), renditi irreperibile e lascia spento il telefono. 3. Lascia andare i pensieri negativi Mentre ti immergi nel bosco, senti pensieri negativi e preoccupazioni che, a poco a poco, lasciano la tua mente. Immagina di 'affidarli' al bosco e sentiti sempre più leggero mentre ti addentri nella natura con la mente più libera e fresca. 4. Rilassa il corpo Presta attenzione alla postura mentre cammini nel bosco. Come sono le tue spalle? E la nuca? La mascella è serrata o rilassata? Cerca di rilasciare tutte le tensioni. Il solo fatto di accorgerti delle 'contratture' ti aiuterà a lasciarle andare. 5. Attiva i tuoi sensi Prova a praticare una vera e propria meditazione di consapevolezza. Attiva i tuoi sensi e 'sintonizzati' su tutto quello che è intorno a te. Cosa sentono le tue orecchie? Quali profumi ci sono nell'aria? Quali sono i colori dominanti che riempiono i tuoi occhi? Non serve sforzarsi più di tanto, occorre solo avere l'intenzione di essere più ricettivi nei confronti dell'ambiente che ci circonda per trarne enormi vantaggi. 6. Prova la 'Meditazione Camminata' La Meditazione Camminata è una delle pratiche buddiste più famose ed è stata ripresa in Occidente anche dai protocolli di Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, ad esempio. Si tratta di scegliere un piccolo tratto di strada, (in mezzo alla natura, come nello Shinrin Yoku, è l'ideale) e percorrerlo diverse volte avanti e indietro senza preoccuparsi del punto di arrivo ma concentrandosi soltanto sulle sensazioni e i movimenti del corpo. Se non vuoi percorrere lo stesso tratto di strada più volte, puoi inserire una variante e praticare la meditazione camminata all'interno della tua passeggiata nei boschi. Prima ancora di concentrarti sui movimenti dei tuoi piedi e delle tue gambe mentre cammini, nota l'intenzione della mente di compiere un passo, osserva come la mente 'vuole' un punto da raggiungere a tutti i costi, oppure si distrae ecc. Ogni volta che noti tutto questo, ritorna al momento presente. Senti la pianta del piede che appoggia a terra, poi senti l'altro piede che si alza a poco a poco e così via. Per rendere ancora più efficace l'esercizio, se vuoi e puoi, togliti le scarpe. Senti l'erba o il terriccio sotto i tuoi piedi. Ti aiuterà a riconnetterti ancora di più con il tuo corpo e con la natura. La meditazione camminata è da svolgere con lentezza, ma ognuno di noi ha il proprio ritmo. Divertiti a sperimentare e a trovare il tuo. Yoga nel bosco Un altro modo per godere appieno dei benefici del contatto con la natura e del 'bagno nella foresta' è la pratica dello yoga. Se già di per sé lo yoga aiuta a rilassare mente e corpo e ci permette di essere più 'centrati' ed in armonia, il fatto di praticarlo tra gli alberi con il loro effetto positivo sul sistema nervoso ed immunitario amplifica il raggiungimento del benessere. Comincia così. La posizione dell'albero Scegli un posto tranquillo all'interno del bosco in cui non in cui ti senti sicuro e in cui non avere troppi disturbi dall'esterno. Avvicinati ad un albero che ti piace particolarmente. Scegline uno che abbia caratteristiche che ti 'ispirano' e che senti di voler rafforzare in te stesso. Ad esempio, puoi avvicinarti ad un albero forte, alto, robusto, con grandi radici o, al contrario, ad un arbusto leggero, con la capacità di piegarsi al vento senza spezzarsi. Qualsiasi sia l'albero che sceglierai, connettiti con l'intenzione di lasciarti ispirare da questo elemento naturale così forte e potente. Assumi la posizione dell'albero. Si tratta di una posizione cosiddetta 'di equilibrio', che connette alla terra e favorisce concentrazione, determinazione e armonia interiore. Inizia a metterti in piedi, in posizione eretta, a gambe unite. Poi distendi le braccia di lato, respira in modo profondo e regolare. Ora sposta il peso sulla gamba destra e solleva leggermente la sinistra. Una volta trovato l’equilibrio in questa posizione, ruota con cautela il ginocchio sinistro verso l’esterno e porta il piede sinistro sul lato interno della coscia destra. Congiungi i palmi delle mani davanti al petto ed estendi le braccia verso l'alto. Resta in questa posizione per 15 secondi circa, poi ritorna nella posizione di partenza ed esegui lo stesso esercizio sull'altro lato. Mentre esegui l'asana (posizione dello yoga), presta attenzione alle sensazioni del corpo ma anche ai pensieri che attraversano la tua mente e le emozioni del tuo cuore. Sentiti connesso alla terra e all'albero che hai scelto e lascia crescere la loro energia dentro di te. La pratica dello yoga nella natura Questa è solo una delle posizioni consigliate per praticare yoga nella natura. In realtà, essere immersi nel verde, nella calma e nella bellezza di un bosco è la cornice ideale per qualsiasi tipo di asana. Prova tu stesso a sperimentare i movimenti del corpo e il fluire dell'energia all'aria aperta. Sentirai la differenza rispetto alla pratica in una stanza chiusa. Al termine di qualsiasi pratica yoga, ricordati di inserire una breve meditazione. (Scopri 10 consigli per imparare a meditare!) Riconnettiti con il respiro e 'ringrazia' mentalmente il luogo che ti circonda per averti 'accolto'. Amplificherai gli effetti positivi della pratica e non vedrai l'ora di sperimentarla di nuovo.

Spiagge

Spiagge di Cefalù le 7 meraviglie Lungomare La spiaggia del lungomare di Cefalù è una distesa sabbiosa che si estende per circa 1,5 km; l’acqua limpida e il fondale poco profondo la rendono adatta ai bambini. Il suo accesso è libero anche se, da maggio a ottobre, una grossa fetta viene attrezzata con lidi che forniscono sdraio e ombrelloni, servizio bar e,in alcuni casi, ristorante a pagamento. Durante i mesi di luglio e agosto, soprattutto durante i weekend, il lungomare di Cefalù diventa molto affollato e quindi vi consigliamo di organizzarvi per non trovarvi imbottigliati in code infinite di macchine. È possibile trovare parcheggi a pagamento nelle zone contrassegnate da strisce blu. Per arrivare al Lungomare di Cefalù è sufficiente seguire le indicazioni "mare". Salinelle La spiaggia delle Salinelle è situata a 7km da Cefalù, in direzione Palermo sulla SS 113: per arrivarvi, seguite le indicazioni "Piana di Lascari" dopo il Bivio "Hotel Carlton". E’ una lunghissima distesa di sabbia, il mare è in genere limpido anche se le mareggiate estive possono portare alghe fino alla riva. Alle Salinelle potrete trovare lidi attrezzati, luogo ideale per passare pomeriggi in allegria con amici o per gli amanti del windsurf. Il fondale, a pochi passi dalla riva, diventa improvvisamente profondo e quindi vi raccomandiamo la massima prudenza. Capo Playa Questa spiaggia, che si estende per circa 15 km fino a Campofelice di Roccella, si congiunge con la spiaggia delle Salinelle ed è raggiungibile grazie ad accessi da diverse parti. Composta da sabbia e piccoli ciottolini, si trova in una zona molto ventosa, dunque luogo ideale per i surfist. Anche qui fate molta attenzione perchè il fondale diventa profodono dopo pochi metri. Nei mesi estivi è in funzione un lido a pagamento di cui è possibile servirsi. Si trova a 9 km da Cefalù centro, per raggiungerla imboccate la ss 113 direzione Palermo, all'indicazione Hotel Carlton svoltate a destra e seguite la strada principale. Una volta attraversato il passaggio a livello svoltate a sinistra e cercate di parcheggiare nelle immediate vicinanze. Quando sostate sulla strada considerate che il tratto è attraversato da numerosi autobus in quanto la spiaggia si trova a pochi metri da un grande Hotel. Mazzaforno La spiaggia di Mazzaforno si trova a circa 3 km da Cefalù. E costituita da sabbia e ciottolini, il mare è abbastanza limpido e durante la stagione estiva si può usufruire dei servizi forniti dai lidi. Per raggiungerla bisogna percorre la ss 113 direzione Palermo e di fronte lo svincolo per l'autostrada trovate indicazioni per "Mazzaforno". Seguitele per circa 500 metri, girate a destra e subito dopo sulla sinistra troverete le indicazioni per "Castello Bordonaro". Ecco che sulla destra troverete l'accesso alla spiaggia secondaria di Mazzaforno. Se invece continuate per altri 500 metri vi troverete davanti al residence le "Terrazze", parcheggiate e camminate attraverso un stradina rifatta in pietra molto carina, così da giungere alla spiaggia principale. La Spiaggia Ogliastrillo è analoga a quella di mazzaforno con l'unica differenza che per accedervi si passa dall'omonima contrada. Kalura La spiaggetta della Caldura si trova a circa 20 minuti a piedi dal centro storico di Cefalù; si attraversa il Porto e, seguendo le indicazioni Hotel Kalura / Hotel Calette, attraverso un piccolo sentiero a scale tra l’hotel Kalura e il Residence Coast Houses, si arriva in questa carinissima spiaggetta di ciottoli. Dagli scogli di fronte la riva è possibile fare tuffi nell'acqua limpida. Sant'Ambrogio La spiaggia di S. Ambrogio è molto grande ed è composta da sassi e sabbia, con tratti di ciottolini. Il mare è pulito e limpido. Questa spiaggia non è mai troppo affollata poiché poco conosciuta e poco preferita per la presenza di sassi; è certamente tra le più tranquille e ideale per passare momenti di assoluta tranquillità. Si trova a circa 6 km da Cefalù in direzione Messina; troverete le indicazioni e un parcheggio. Finale di Pollina Questa spiaggia, molto tranquilla durante i mesi di bassa stagione, si anima nei mesi di luglio e agosto; i ragazzi del luogo organizzano fuochi in spiaggia e serate di musica e divertimento. La spiaggia di Pollina si trova sulla SS 113 in direzione Messina, a circa 12 km da Cefalù centro. Bisogna seguire la strada che si estende lungo la costa e ,dopo aver superato 3 passaggi a livello, troverete indicazioni per la Valtur. Proprio lì, sul lato sinistro della strada, troverete l’accesso; la spiaggia è di ciottoli e sabbia, il mare è bellissimo.
401 現地メンバーのおすすめ
Cefalù
401 現地メンバーのおすすめ
Spiagge di Cefalù le 7 meraviglie Lungomare La spiaggia del lungomare di Cefalù è una distesa sabbiosa che si estende per circa 1,5 km; l’acqua limpida e il fondale poco profondo la rendono adatta ai bambini. Il suo accesso è libero anche se, da maggio a ottobre, una grossa fetta viene attrezzata con lidi che forniscono sdraio e ombrelloni, servizio bar e,in alcuni casi, ristorante a pagamento. Durante i mesi di luglio e agosto, soprattutto durante i weekend, il lungomare di Cefalù diventa molto affollato e quindi vi consigliamo di organizzarvi per non trovarvi imbottigliati in code infinite di macchine. È possibile trovare parcheggi a pagamento nelle zone contrassegnate da strisce blu. Per arrivare al Lungomare di Cefalù è sufficiente seguire le indicazioni "mare". Salinelle La spiaggia delle Salinelle è situata a 7km da Cefalù, in direzione Palermo sulla SS 113: per arrivarvi, seguite le indicazioni "Piana di Lascari" dopo il Bivio "Hotel Carlton". E’ una lunghissima distesa di sabbia, il mare è in genere limpido anche se le mareggiate estive possono portare alghe fino alla riva. Alle Salinelle potrete trovare lidi attrezzati, luogo ideale per passare pomeriggi in allegria con amici o per gli amanti del windsurf. Il fondale, a pochi passi dalla riva, diventa improvvisamente profondo e quindi vi raccomandiamo la massima prudenza. Capo Playa Questa spiaggia, che si estende per circa 15 km fino a Campofelice di Roccella, si congiunge con la spiaggia delle Salinelle ed è raggiungibile grazie ad accessi da diverse parti. Composta da sabbia e piccoli ciottolini, si trova in una zona molto ventosa, dunque luogo ideale per i surfist. Anche qui fate molta attenzione perchè il fondale diventa profodono dopo pochi metri. Nei mesi estivi è in funzione un lido a pagamento di cui è possibile servirsi. Si trova a 9 km da Cefalù centro, per raggiungerla imboccate la ss 113 direzione Palermo, all'indicazione Hotel Carlton svoltate a destra e seguite la strada principale. Una volta attraversato il passaggio a livello svoltate a sinistra e cercate di parcheggiare nelle immediate vicinanze. Quando sostate sulla strada considerate che il tratto è attraversato da numerosi autobus in quanto la spiaggia si trova a pochi metri da un grande Hotel. Mazzaforno La spiaggia di Mazzaforno si trova a circa 3 km da Cefalù. E costituita da sabbia e ciottolini, il mare è abbastanza limpido e durante la stagione estiva si può usufruire dei servizi forniti dai lidi. Per raggiungerla bisogna percorre la ss 113 direzione Palermo e di fronte lo svincolo per l'autostrada trovate indicazioni per "Mazzaforno". Seguitele per circa 500 metri, girate a destra e subito dopo sulla sinistra troverete le indicazioni per "Castello Bordonaro". Ecco che sulla destra troverete l'accesso alla spiaggia secondaria di Mazzaforno. Se invece continuate per altri 500 metri vi troverete davanti al residence le "Terrazze", parcheggiate e camminate attraverso un stradina rifatta in pietra molto carina, così da giungere alla spiaggia principale. La Spiaggia Ogliastrillo è analoga a quella di mazzaforno con l'unica differenza che per accedervi si passa dall'omonima contrada. Kalura La spiaggetta della Caldura si trova a circa 20 minuti a piedi dal centro storico di Cefalù; si attraversa il Porto e, seguendo le indicazioni Hotel Kalura / Hotel Calette, attraverso un piccolo sentiero a scale tra l’hotel Kalura e il Residence Coast Houses, si arriva in questa carinissima spiaggetta di ciottoli. Dagli scogli di fronte la riva è possibile fare tuffi nell'acqua limpida. Sant'Ambrogio La spiaggia di S. Ambrogio è molto grande ed è composta da sassi e sabbia, con tratti di ciottolini. Il mare è pulito e limpido. Questa spiaggia non è mai troppo affollata poiché poco conosciuta e poco preferita per la presenza di sassi; è certamente tra le più tranquille e ideale per passare momenti di assoluta tranquillità. Si trova a circa 6 km da Cefalù in direzione Messina; troverete le indicazioni e un parcheggio. Finale di Pollina Questa spiaggia, molto tranquilla durante i mesi di bassa stagione, si anima nei mesi di luglio e agosto; i ragazzi del luogo organizzano fuochi in spiaggia e serate di musica e divertimento. La spiaggia di Pollina si trova sulla SS 113 in direzione Messina, a circa 12 km da Cefalù centro. Bisogna seguire la strada che si estende lungo la costa e ,dopo aver superato 3 passaggi a livello, troverete indicazioni per la Valtur. Proprio lì, sul lato sinistro della strada, troverete l’accesso; la spiaggia è di ciottoli e sabbia, il mare è bellissimo.

Wellness - Massaggi - Idromassaggi - Nuoto controcorrente

Massaggio olistico Trattamenti relax, drenanti, decontratturanti. Trattamento shiatsu su sedia: lasciati guidare attraverso un percorso rilassante, sciogli le contratture e i dolori muscolari , allontana mal di testa, dolore cervicale, stress, stanchezza cronica, aumenta il tuo livello di energia fisica e mentale. Potrai terminare al meglio con un indimenticabile idromassaggio immerso nella nostra splendida piscina, oppure una splendida nuotata tonificante grazie al fantastico nuoto controcorrente
cefalù_nest
14 Contrada Guarnieri
Massaggio olistico Trattamenti relax, drenanti, decontratturanti. Trattamento shiatsu su sedia: lasciati guidare attraverso un percorso rilassante, sciogli le contratture e i dolori muscolari , allontana mal di testa, dolore cervicale, stress, stanchezza cronica, aumenta il tuo livello di energia fisica e mentale. Potrai terminare al meglio con un indimenticabile idromassaggio immerso nella nostra splendida piscina, oppure una splendida nuotata tonificante grazie al fantastico nuoto controcorrente